I comandamenti: «Io sono il Signore, tuo Dio»

Il decalogo – le dieci parole – occupa un posto centrale nella tradizione ebraico-cristiana. In tutto l’Antico Testamento serie di comandamenti sono presenti nel libro dell’alleanza (Esodo), nel codice deuteronomico (Dueteronomio) e anche nella legge di santità (Levitico). Troviamo raccolte di comandamenti anche negli scritti dei Profeti e nei Salmi, quando però si parla di decalogo sono due i testi biblici di riferimento necessario: Esodo 20,1-17 e Deuteronomio 5,6-21. Sarebbe bello poterne riportare qui il testo intero, ma per contenere lo spazio lascio a che legge l’impegno di cercare i due testi nella Bibbia e provare a leggerli con calma.

Quello che va subito puntualizzato è che sempre, nella Sacra Scrittura, i comandamenti vanno letti e compresi all’interno di una relazione, che solitamente viene chiamata Alleanza. Nonostante le numerose infedeltà del popolo, iI disegno dell’alleanza rivelato da Dio sussiste immutato, tanto che il profeta Ezechiele annunzierà la conclusione di un’alleanza eterna, un’alleanza di pace, che rinnoverà quella del Sinai e quella di Davide e che implicherà il rinnovamento dei cuori mediante il dono dello Spirito Santo. Si realizzerà così il programma abbozzato un tempo: «Voi sarete il mio popolo ed io sarò il vostro Dio». All’interno di questa relazione di vita e di amore che è l’alleanza, vanno accolte e comprese «tutte queste parole che Dio pronunciò» (Es 20,1). Questo è il modo di agire del nostro Dio: prima il dono e poi la domanda. Porre la legge prima della relazione non aiuta il cammino di fede. Come potrebbe un non credente desiderare di essere cristiano, se partissimo da obblighi, impegni, coerenze e non dalla liberazione? Sappiamo infatti che essere cristiano è un cammino di liberazione! Prima del Sinai c’è il Mar Rosso, prima Dio salva il suo popolo liberandolo dalla schiavitù dell’Egitto, poi, nell’esperienza del Monte Sinai, gli dice cosa deve fare. Comprendiamo allora l’importanza della dichiarazione che precede tutto il Decalogo: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile» (Es 20,2). Questo è l’inizio delle Dieci Parole e mai dovrà essere dimenticato, pena il pericolo di cadere nel moralismo, cioè la deriva di una morale che si riduce a un insieme di precetti senza vita e senza la tensione autentica del cuore verso la realizzazione piena dell’alleanza con Dio, non con un Dio qualsiasi, ma con il “tuo Dio”. C’è una relazione che dice appartenenza. È un “tu” che domina, non innanzitutto delle cose da fare; quello che viene dopo è una esigenza di comunione che dovrà essere inteso e assunto all’interno dell’esperienza della prossimità salvante di Dio. Il comportamento morale appartiene alla risposta del credente all’iniziativa di Dio riconosciuto e accolto come “Signore” nella propria vita. Per entrare nel cuore delle Dieci Parole occorre necessariamente passare per la porta della memoria che ci fa aprire con gratitudine gli occhi della mente e del cuore sulle grandi cose che Dio ha fatto e continua a fare per noi: la memoria della liberazione è la chiave di lettura per i comandamenti. Se partiamo con il piede giusto allora possiamo affrontare il primo comandamento, quello che riguarda l’idolatria. Alla prossima!

don Paolo Ciccotti

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