Psicologi a domicilio 3/ Contrastare il decadimento cognitivo

La pandemia in corso sta mettendo a dura prova i nostri equilibri fisici, psicologici, sociali, etici. Ci costringe a fermarci, a rivalutare la dimensione del tempo in cui siamo inseriti. Un tempo che appare attualmente sospeso. Un tempo che ha un valore diverso a seconda che sia visto con la lente di un bambino, di un giovane, di un adulto, di un anziano

Anziani e decadimento cognitivo

ITra la popolazione anziana, molte persone si ritrovano oggi sole tra le mura domestiche ad affrontare l’emergenza oppure alloggiano in una residenza sanitaria assistenziale, senza possibilità di vedere i propri cari. La solitudine è in molti casi diventata la loro principale compagnia e influisce negativamente sulla loro qualità di vita, rappresentando un fattore di rischio per lo sviluppo di demenza e depressione. Proprio ai pazienti affetti da un decadimento cognitivo dovrebbe andare in questi giorni un pensiero di riguardo, perché il loro delicato equilibrio risente fortemente di quanto ci sta accadendo.

Le persone affette da una demenza nel mondo sono numerosissime: circa 47 milioni (il 5% dell’intera popolazione mondiale) (ADI, 2019), di cui 600.000 in Italia. Cosa può significare l’isolamento e il distanziamento sociale per queste persone? Si tratta di soggetti che spesso soffrono di disturbi comportamentali (come ansia, agitazione, allucinazioni) oltre che cognitivi, disturbi che possono esacerbarsi nel contesto che loro e le loro famiglie si trovano attualmente ad affrontare. I Caffè Alzheimer, i centri diurni, i progetti ad hoc, che normalmente davano respiro in queste situazioni, sono attualmente ridotti significativamente, se non scomparsi del tutto, in considerazione dello stato emergenziale, e il peso dell’assistenza ricade interamente sulle spalle del familiare.

Il rischio di “burnout” ovvero di esaurimento delle energie fisiche e mentali dei caregiver è elevato, se si pensa che tra i principali fattori di rischio per il suo sviluppo concorrono l’isolamento sociale, la ridotta disponibilità nelle relazioni sociali, la tensione e l’affaticamento nella relazione (Tognetti, 2004). Quale scenario potremmo trovarci davanti? Da una parte potremmo avere un aumento di ansia, agitazione, aggressività per i pazienti e dall’altra un prosciugarsi delle risorse dei familiari che se ne prendono cura. Occorre scongiurare che l’unica strada percorribile diventi quella di incrementare le dosi di psicofarmaci, quegli stessi farmaci che fino ad ora si è cercato di prescrivere nella minor misura possibile, con faticosi compromessi e tecniche comportamentali.

Come devono comportarsi i caregiver di questi pazienti nella situazione emergenziale che ci troviamo a vivere? Amalia Bruni, direttrice del Centro Regionale di Neurogenetica dell’ospedale Giovanni Paolo II di Lamezia Terme in Calabria, presidio di rilevanza mondiale per lo studio delle demenze degenerative, offre questo consiglio qualificato:

Riuscire a trovare un sentimento positivo in un isolamento (a volte in case piccole, senza balconi) non è esattamente semplice ma è quello che va fatto. In condizioni “normali” abbiamo tutti fretta, tante cose da fare, il tempo non basta mai. Oggi il tempo si è fermato, o comunque ha subìto una battuta d’arresto. Pensare che stranamente “abbiamo più tempo” per i nostri cari forse può metterci in una situazione di maggiore disponibilità di animo e farci realizzare che possiamo “coccolarci” vicendevolmente. La loro vita ancor prima della nostra, è fortemente a rischio e per noi, indipendentemente se caregiver o operatori della sanità, dovrebbe essere un privilegio quello di accompagnarli e proteggerli nell’ultima parte della vita

Per contribuire ad alleggerire un po’ il fardello di tutte le persone che si trovano attualmente in questa situazione, forniamo una serie di consigli pratici derivanti dall’esperienza professionale con tale tipologia di pazienti:

  • Cerchiamo di creare in casa un ambiente tranquillo e rilassante evitando di lasciare la televisione accesa per molto tempo su programmi che parlino del coronavirus, per evitare di mantenere il nostro sistema “di allarme” e quello del nostro caro in costante tensione
  • Pianifichiamo le giornate mantenendo dei ritmi e una routine che aiutino il nostro caro a orientarsi, scandendo i diversi momenti della giornata. Importante quindi mantenere una certa ripetitività nelle attività svolte (risveglio, toilette, colazione, vestirsi…), che permettano di mitigare il senso di confusione e smarrimento
  • Proponiamo attività motorie che garantiscano a noi e alla persona che assistiamo la possibilità di scaricare l’ansia e di mantenere una certa mobilità. Sono sufficienti semplici esercizi di ginnastica dolce o anche passeggiare per le stanze della casa, qualora non fosse disponibile un giardino
  • Svolgiamo attività stimolanti anche da un punto di vista cognitivo che forniscano la possibilità ai neuroni di tenersi “in allenamento”: letture, cruciverba, giochi di parole
  • Via libera ai ricordi prendersi un momento per sfogliare vecchie foto e farsi raccontare episodi di una vita passata ha un valore terapeutico non solo a livello di memoria autobiografica, ma anche a livello emotivo
  • Coinvolgiamo il nostro caro nelle mansioni quotidiane affidandogli dei compiti semplici, che possa svolgere senza frustrazione o chiedendogli di aiutarci a cucinare, a preparare la tavola…
  • Prendiamoci delle pause in cui poter meditare, riflettere o semplicemente rilassarsi, eventualmente con della musica in sottofondo, stimolo utile anche per aiutare il nostro caro a godersi un momento di tranquillità
  • Restiamo in contatto con le persone che ci fanno stare bene la tecnologia ci viene in questo caso in soccorso con chiamate e videochiamate che ci permettono di sentirci un po’ più vicini e meno soli
  • Contatta un professionista qualora ci dovessimo accorgere che il carico è eccessivo, che le difficoltà si accumulano, possiamo rivolgerci a uno psicologo o al nostro medico per avere un sostegno

Questo tempo trascorso tra le mura domestiche, se sapremo coglierlo, se riusciremo a investirlo di nuovi significati, potrebbe al fine rivelarsi un’opportunità, una nuova apertura di mondo.

La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità. […] La tempesta pone allo scoperto tutti i propositi di ‘imballare’ e dimenticare ciò che ha nutrito l’anima dei nostri popoli; tutti quei tentativi di anestetizzare con abitudini apparentemente ‘salvatrici’, incapaci di fare appello alle nostre radici e di evocare la memoria dei nostri anziani, privandoci così dell’immunità necessaria per far fronte all’avversità. Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri ‘ego’ sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli [Papa Francesco]

dott.ssa Federica Del Signore

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