I cardinali non eleggeranno il successore di Francesco. La sentenza del cardinale Gerhard Müller, già prefetto dell’allora Congregazione per la Dottrina della Fede, risuona lapidaria in un panorama mediatico carico di attesa e di inevitabili polemiche che preparano l’ormai prossimo Conclave.
Se infatti sui social continua la stucchevole litania del “come faremo senza Papa Francesco” — accompagnata da una dovizia di aneddoti e particolari, dalle scarpe alle mani, completamente dissonanti rispetto allo stile del defunto Pontefice — opinionisti ed esperti osservano con attenzione i profili dei porporati per individuare la rosa dei “papabili” (è proprio il caso di dirlo!). Il popolo dei credenti, intanto, sente il bisogno di punti fermi che aiutino a vivere questo passaggio storico come un vero e proprio atto di fede. È di questo, in fondo, che si parla — non possiamo dimenticarlo — quando non si tratta tanto di individuare una guida adatta per un’istituzione, seppur nobile e universale come la Chiesa cattolica, ma di farsi interpreti, nell’oggi, del perpetuo comando di Cristo:
Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa.
Il compito dei cardinali, allora, non è primariamente quello di valutare opportunità, questioni politiche o necessità sociali, ma di porsi innanzitutto in ascolto dello Spirito, per comprenderne il progetto e discernere, fuggendo populismi e nostalgie, i contorni di un volto e di un nome chiamato a realizzarlo. Non il successore di Francesco, dunque, non chi porta avanti progetti e riforme per allineare la Chiesa alle aspettative di una società moderna — sempre più capace di insegnare e pretendere, e così poco incline ad ascoltare — ma l’uomo scelto dal Signore per pascere il suo gregge, vivendo in prima persona la fatica di amarlo e di servirlo, perfino al di là delle proprie convinzioni ideologiche personali. Come è stato per tutti i 266 Pontefici che hanno segnato la storia, il profilo del nuovo vescovo di Roma, allora, non può essere dettato dalla superficialità dei criteri dei media; e non lo si può individuare dalle interviste rubate, dalle indiscrezioni o dalle omelie programmatiche dei cardinali incaricati di presiedere i Novendiali per il defunto Francesco.
Esso è già delineato nel cuore di Dio da sempre e verrà pienamente compreso e, noi ci crediamo, incarnato quando, lasciata fuori ogni influenza esterna, gli elettori si chiuderanno in Conclave, sotto lo sguardo severo — a sottolineare la gravità del momento e la serietà della scelta — del Cristo Giudice della Cappella Sistina, per proporre un nome maturato nella preghiera e nell’ascolto della Parola. Il resto della Chiesa dovrà attendere, pazientare e pregare, lasciando andare retorica e facili malinconie, per prepararsi ad accogliere colui che, ci piaccia o no, realizzerà — per quel tratto di cammino che gli sarà concesso — l’eterna missione di confermare i fratelli nella fede. Questa è la Chiesa, questa la sua storia e la sua identità, questo il suo futuro, da sempre definitivamente iscritto in quella promessa di Cristo: «Sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».
don Carlo Cattaneo