Osservatorio 07-06 / In missione con Don Niente

Missione è una parola che ancora oggi si pronuncia con un certo fascino. Richiama terre lontane, paesaggi esotici, luoghi avventurosi e storie di uomini e di donne che hanno lasciato la propria patria, spinti da un ideale più forte della nostalgia per le proprie radici. Vengono in mente le scene di film divenuti dei veri e propri colossal, che danno di questa realtà che accompagna la storia della Chiesa fin dalle proprie origini un’immagine eroica degna di essere raccontata.

Tutto bello e appassionante, ma con il rischio di dimenticare una dimensione importante che proprio a questa parola si collega: ogni vita cristiana è missione. Ce lo ha ricordato con la sua testimonianza semplice un prete della nostra terra, un uomo impastato di campi, di profumo di grano e di quella struggente tenacia che è propria della gente Lomellina. Questo sartiranese doc, salito agli onori degli altari con il titolo di “Beato” è e resta per la gente dei nostri paesi, “il Padre”, come hanno insegnato a chiamarlo le sue “Figlie dell’Immacolata Regina Pacis” che dal fondatore, Francesco Pianzola, hanno preso “soprannome” e stile di vita come missionarie.
Proprio in quella Nazareth fatta di risaie e cascine, di borghi rurali e di battaglie sociali, infatti, don Niente (come si era lui stesso definito nell’immagine della sua Prima Messa) ha saputo cogliere la voce potente e nascosta del Suo Signore che diceva una sete infinita di amare e di essere amato, da annunciare e raccontare con la vita e con ogni mezzo possibile.

Ed ecco la sfida, aperta a ogni battezzato, di lasciarsi infiammare il cuore da un ideale capace di condurre ovunque nei solai, negli scantinati, sui bordi della risaia e poi per le strade e nelle fabbriche. Là dove ogni uomo vive, si spalanca il campo sterminato dell’annuncio nella certezza che la fede o è donata o muore sterile, soffocata in se stessa. Sono immagini forti, che certo non ci possono lasciare tranquilli, ancorati alla mediocrità delle nostre piccole osservanze e all’attraente tentazione di un cristianesimo che rimane religione e non diventa vita. Ma ne abbiamo bisogno e, in fondo, a questo servono i santi.

Non solo a dirci che “si può” vivere al massimo, ma soprattutto a renderci insoddisfatti di mezze misure che per troppo tempo ci hanno condannato all’insignificanza e ad una pavida neutralità.

Missione è allora per tutti sentire ribollire dentro il calore di un Vangelo che non può rimanere sulla carta e bruciare dal desiderio che lo stesso fuoco possa divampare ovunque. E ci si accorge che le parole non bastano, che occorrono sguardi innamorati d’umanità e mani capaci di sporcarsi per impastarsi con la terra delle fragilità del fratello; si scopre che i piedi devono saper andare non su strade nuove, ma sui sentieri del vivere quotidiano sui quali il solco della croce, portata in spalla nella giornaliera fatica di “fare la propria parte”, diventi sentiero aperto che altri possono seguire

Don Carlo Cattaneo

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