E’ possibile affermare razionalmente l’esistenza di “un Dio Creatore” a partire dalla fisica e in generale dalle scienze. Ne sono convinti l’ingegnere informatico Michel-Yves Bolloré e l’imprenditore Olivier Bonnassies (con studi all’Ecole Polytecnique di Parigi e una laurea in teologia) e provano a dimostrarlo nel libro “Dio. La scienza, le prove. L’alba di una rivoluzione” (Edizioni Sonda). Bonnassies, intervistato da Avvenire, ha spiegato che
Per quattro secoli, da Copernico a Freud, passando per Galileo, Newton, Laplace e Darwin, la scienza è sembrata in grado di spiegare sempre più cose senza bisogno dell’ipotesi di Dio.
Arrivando a negarla generando «una corrente materialista e scientista che ha dominato il XIX e XX secolo. Le cose sono cambiate con la scoperta della termodinamica, che dimostra che l’universo si sta logorando e dirigendo verso una morte termica. L’universo ha quindi avuto un inizio. E questa scoperta, successivamente confermata da molti altri approcci razionali, ha implicazioni immense perché, se c’è un inizio, c’è un Dio». Secondo Bonassies centrali sono la certezza che l’universo è composto da tempo, spazio, materia indissolubilmente legati, la certezza che ha avuto un inizio assoluto e il fatto di essere «straordinariamente regolato in tutti i suoi aspetti per consentire la vita complessa». Non è questa la sede per entrare in un dibattito che affascina gli esseri umani almeno da Aristotele e Platone, ed è meglio rimandare alla lettura del volume.
Piuttosto colpisce il passaggio in cui Bonassies ricorda che Bolloré gli propose l’idea di un libro «perché aveva studiato il tema per 30 anni ed era convinto che il grande pubblico non sapesse quanto le cose fossero cambiate grazie alla svolta avuta dalla ricerca scientifica. Il libro è nato così». Il tema della consapevolezza del “grande pubblico” è significativo e si può estendere ad altri ambiti: il sapere a partire dal XX secolo ha conosciuto un’accelerazione senza precedenti tanto nelle scienze naturali quanto nelle scienze umane, ma l’opinione pubblica non riesce a tenere il passo. Da un lato è difficile comunicare notizie di profilo “accademico”, che richiedono competenza in chi scrive e uno spazio adeguato senza banalizzazioni, dall’altro lato chi legge se non è esperto – “il grande pubblico” – è probabile che abbia avuto l’ultimo accesso a una formazione storica, filosofica, scientifica nel corso delle superiori, considerando che al termine del percorso di studi l’individuo raggiunge l’apice delle sue competenze e conoscenze che, se non sollecitate, tendono a declinare. Insomma se non si è storici, fisici, chimici la dimestichezza si perde, sempre che la si sia acquisita: in ambito storico si potrebbe contare il numero di studenti che oggi concludono il percorso di studi avendo affrontato in aula gli avvenimenti nazionali e internazionali dagli anni ’70 a oggi ovvero nell’arco di 50 anni, come se interpretare il mondo sulla base di come era a metà della Guerra Fredda fosse possibile. Lo stesso discorso si può riportare alle materie scientifiche, che a scuola si impara a conoscere come immutabili anche se tali non sono. Prima di arrivare alla prova dell’esistenza di Dio sarebbe molto iniziare a formare cittadini per il 2025 e non per il 1975.
Giuseppe Del Signore