Osservatorio 17-01 / Formare i presbiteri

La Chiesa italiana pensa al futuro dei suoi ministri. È entrato in vigore il 9 gennaio ad esperimentum il documento “La formazione dei presbiteri nelle Chiese in Italia. Orientamenti e norme per i seminari” nel quale si dettano le linee generali, elaborate e approvate dai Vescovi nel corso dell’assemblea CEI di Assisi del 2023, per il discernimento e la formazione dei sacerdoti.

Un testo apparentemente destinato ad interessare e non soltanto gli “addetti ai lavori” ma l’intera comunità cristiana, chiamata in causa ad essere protagonista nel cammino di accompagnamento di quanti si preparano ad un impegno definitivo nel ministero ecclesiale. Nei cinque capitoli in cui si articola, infatti, il vademecum, con molta delicatezza e senza scossoni, rielabora il tradizionale iter formativo e, pur senza stravolgerlo, ne rilegge la struttura alla luce delle provocazioni del contesto attuale. Assolutamente fuori luogo e sintomo non solo di scarsa conoscenza della materia, ma soprattutto di assente capacità di lettura (che non possiamo non considerare ideologica) la gran fatica dei media di enfatizzare, supposte novità sconvolgenti in termini di criteri di ammissione e di educazione affettiva dei futuri presbiteri.

La linea scelta è quella dell’accompagnamento nella fedeltà alle indicazioni che la Chiesa ha sempre dato in vista di una maturazione completa della persona, chiamata integralmente a donarsi per Cristo e per il Vangelo.

Niente “rivoluzione”, dunque, ma un percorso di conversione che, sul modello delle prime comunità cristiane, chiede anche ai fedeli di assumere una responsabilità e un ruolo nel discernimento e quegli uomini che il Signore chiama ad essere loro pastori. Se infatti di novità si può parlare, ciò che davvero provoca nel documento è la sottolineatura della dimensione della comunione, intesa come fraternità tra i sacerdoti (e futuri tali) e tutti i battezzati. Essa infatti presentata come l’ambiente vitale dentro al quale si può muovere una consacrazione e una testimonianza autentica del Vangelo. Da qui l’esigenza, presentata come base del cammino formativo, di una autentica spiritualità fondata su un’umanità vera da cui nasce un rapporto fecondo con il Signore che chiama. Il prete di domani è dunque essenzialmente uomo di fede e di preghiera, capace di affrontare le sfide in una dimensione corale, nemica dell’individualismo e consapevole che senza un “noi” non ci può essere un “Lui” da annunciare.

In questa sinfonia ogni cristiano (a partire dalla famiglia d’origine, dalla parrocchia e dalle realtà in cui un giovane vive) è chiamato a dare il suo insostituibile tono. Non più, dunque, un clero di “esperti” dai quali pretendere servizi e uno standard di comportamenti “da manuale”, ma piuttosto dei fratelli che, camminando insieme, donano alla comunità il “pane della Parola e dell’Eucaristia” e ricevono da essa quel “Vangelo della vita” da spezzare e condividere.

don Carlo Cattaneo

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