Prendi una banda di ragazzi, quelle che “vanno di moda” oggi, che si organizzano per fare un po’ di battaglie e mettere a soqquadro quartieri delle città. Succede anche a Vigevano e questi ragazzi portano con sé i soliti giudizi sul tipo di educazione, sul disprezzo di valori e del senso civico, sulle loro famiglie eccetera. Spesso sono anche “dissuasi” dal frequentare gli oratori, che hanno le loro regole, i loro progetti… Prendi un “clochard”, costretto ad una vita sregolata un po’ per scelta un po’ per le diverse vicissitudini di una esistenza difficile. Una persona magari simpatica, ma scomoda, che deturpa un po’ l’immagine di una città perbene, di un centro storico che vorrebbe essere sempre pronto ad accogliere i turisti. Questo clochard improvvisamente muore e, sorprendentemente, vedi questi ragazzi della banda che scrivono messaggi di affetto e di rispetto sulla panchina dove il nostro caro Alessandro di solito viveva e la riempiono di fiori, di messaggi, di candele accese.
Questi ragazzi “sbandati” un po’ nullafacenti, con non chiari progetti di vita, fanno improvvisamente emergere la loro “umanità” e, senza voler usare una parola grossa, il loro cuore. Si erano incontrati, Alessandro e questi ragazzi. Due realtà di vita spesso “emarginate” dalla società di oggi, dai progetti e dagli schemi di una esistenza solitamente impostata sul successo e su traguardi da raggiungere. Alessandro, il più delle volte stigmatizzato dai passanti per il suo comportamento, che si giravano dall’altra parte, facendo finta di non vedere, è stato “visto” da questi ragazzi di strada, che non hanno studiato psicologia, non sono educatori, non sono assistenti sociali… sono…così come sono. E Alessandro aveva visto questi ragazzi, spesso si prendevano in giro, si insultavano, ma anche si cercavano. E improvvisamente si sono incontrati.
Alessandro aveva da tempo rifiutato di capire e di essere capito dalla società di oggi. Questi ragazzi, probabilmente non riuscivano a farsi capire dai loro genitori e dagli educatori… ma hanno parlato, hanno comunicato più di tanti conferenzieri, in un momento di dolore, in un momento in cui è emersa tutta l’umanità di questi ragazzi di bande e di questo signore in forte debito con la società. Ci fanno capire tante cose quelle scritte sulla panchina di Alessandro e molti (giustamente) chiedono al Comune di non farle cancellare, anzi, potrebbe diventare la “panchina di Alessandro”, ma anche più semplicemente la panchina di un cuore, di tanti cuori, che non necessariamente devono sempre passare per cammini standard o perbenismi preconfezionati, ma deve solo ricordare un sentimento, una preghiera.
Dep