E’ di pochi giorni fa la notizia dell’ennesima “uscita” di un sacerdote cattolico, strenuamente convinto della nullità delle dimissioni di Papa Benedetto XVI e, di conseguenza, dell’invalidità dell’elezione di Francesco come successore dell’apostolo Pietro alla guida della Chiesa.
Con un’articolata omelia infatti il 52enne padre Giorgio Maria Farè, carmelitano scalzo di Milano e noto predicatore, ha esposto ai fedeli presenti alla celebrazione del 13 ottobre, la propria posizione con il conseguente rifiuto di celebrare la Santa Messa “una cum” (in unione con) quello che lui considera “occupante” della Sede apostolica. Immediata la reazione dei superiori con un ammonimento canonico e la minaccia di scomunica e dimissione dall’Ordine carmelitano in caso di mancato ravvedimento.
Una storia triste e scioccante al tempo stesso, ma divenuta quasi un leit-motif per un crescente numero di religiosi e laici che, partendo da presupposti più o meno simili, arrivano tutti alla medesima conclusione.
Tragiche le conseguenze. Si va dall’abbandono delle Comunità religiose o delle Diocesi e Parrocchie di appartenenza fino ad arrivare al rifiuto di ricevere i sacramenti amministrati da preti “allineati al sistema massonico” o alla costituzione di vere e proprie “chiese” parallele. Il fenomeno va da Nord a Sud e ha tra i suoi più noti esponenti il giornalista Andrea Cionci, autore del “Codice Ratzinger” (studio che sembra più una spy-story in stile Dan Brown), e l’ex-sacerdote Alessandro Maria Minutella, che a Carini, in Sicilia, ha costruito una “Piccola Nazareth” dove tra locuzioni e acqua miracolosa, accorrono fedeli da tutta Italia, con il supporto di altri sacerdoti riuniti nel Sodalizio Sacerdotale Mariano. Non si tratta però solo di un fatto di costume da guardare con sorriso e un filo di compassione. Al di sotto dei numeri e delle storie emerge un problema che va affrontato per non smarrirsi in un arcipelago di piccole realtà settarie dove a farla da padrone è quel “relativismo ideologico” stigmatizzato proprio da Benedetto XVI. È la fatica di essere Chiesa ad apparire come cifra interpretativa di questo variegato universo. La dottrina cattolica ha sempre guardato alla figura del Papa come a un “principio di unità nella carità” tra Comunità di credenti, differenti tra loro per etnia, sensibilità e tradizioni, che riconoscono nel Vangelo di Cristo e nel Magistero il centro unificante del loro essere discepoli e nel Successore di Pietro la voce autorevole che indica come camminare nel tempo, ancorati alle radici della fede.
Come lo stesso Francesco ha ricordato lo sguardo attento al presente, l’ascolto della realtà e il legame con la Tradizione sono un inscindibile binomio senza il quale è impossibile non solo essere credibili ma addirittura essere credenti. Certo l’equilibrio è complesso e sottoposto al rischio di “sbilanciamenti” ed errori, ma l’assistenza dello Spirito, garantita agli apostoli e ai loro successori, tranquillizza gli animi e spinge all’obbedienza. Ecco qui il punto cruciale, la vera sfida. Obbedire e camminare insieme fidandoci di Dio. Questo è il mistero dell’essere Chiesa. Un mistero che chiede di essere indagato ogni giorno per spingere ad un’adesione, ad un “eccomi” che precede il diritto canonico e il ragionamento e diventa atto di fede.
don Carlo Cattaneo