La notizia della drammatica uccisione in Congo dell’ambasciatore Luca Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci, con l’autista locale Mustapha Milambo porta con sé molta rabbia, ma anche tanta serenità.
Non vogliamo essere fraintesi, naturalmente, ma la tragica fine dell’ambasciatore italiano e del carabiniere di scorta apre lo sguardo su una realtà spesso a noi sconosciuta e anche un po’ riduttiva o fuorviante come di solito la vediamo.
Quando si parla di ambasciate, infatti, immaginiamo sempre un mondo un po’ lontano da noi, un mondo più vicino alla politica che alla gente, un mondo un racchiuso in se stesso e comunque ritmato da burocrazia o protocolli convenevoli e interessi internazionali

L’ambasciatore italiano in Congo, Luca Attanasio, ha “svelato” la sua vita con la sua tragica fine in quel bosco dominato da ribelli e intrighi locali che parlano più di terrorismo che di politica. Se noi non avessimo saputo che il povero Attanasio era l’ambasciatore in Congo, leggendo la sua esperienza di vita, avremmo pensato che fosse un “missionario laico”.
Il suo cammino di formazione umana e culturale, le sue scelte e le sue esperienze, ci fanno pensare a una vera e propria vocazione missionaria, messa a servizio di un ruolo che noi siamo abituati a pensare in modo paludato e convenzionale.
Non ce ne vogliamo i diplomatici internazionali, ma certo è diverso essere ambasciatore a Parigi piuttosto che a Kinshasa

Luca Attanasio, il carabiniere Vittorio Iacovacci, certamente “gradini diversi” dal punto di vista burocratico. Due persone con percorsi differenti, ma uniti dagli stessi valori “svelati” con la loro morte, senza dimenticare naturalmente, l’autista Mustapha.
Il “nostro” mondo politico, naturalmente, apre inchieste e “si attende risposte” sull’accaduto… ma le vere “risposte” questi “eroi” le avevano già date prima, con la loro vita… che noi spesso facciamo finta di non vedere
Dep