Bestiario / Il canto perduto delle rane

La vasca per pesci nel giardino dei miei genitori ha dei nuovi inquilini: da qualche settimana, infatti, un gruppetto di 4-5 rane lo ha scelto come dimora estiva. Erano anni, almeno dieci, che lì dentro non vedevo un anfibio: e mentre da lontano le spio gracidare e saltare dentro all’acqua stagnante, non posso non pensare a cosa ha portato un animale prima così diffuso da assurgere quasi a simbolo della Lomellina a diventare sempre più raro e minacciato.

Per trovare tracce della rana verde nel passato della Lomellina, bisogna cercare in dispensa: nelle liste della spesa conservate negli archivi della Curia vescovile e risalenti al Cinquecento, la rana è uno dei prodotti più presenti assieme ai gamberi e ai pesci di fiume, grazie alla grande ricchezza d’acque. Ma non era solo il Vescovo ad apprezzare questo anfibio:

Le rane in particolare – scrive Grazia Rossanigo nel volume La tavola del Vescovo – hanno sfamato generazioni di povera gente perché erano pescate e consumate senza costi né difficoltà.

Cinquecento anni dopo le cose non erano cambiate: i nostri “vecchi” ricordano ancora fossi e risaie traboccanti di rane, da pescare con la bacchetta e consumare fritte, nel risotto o in “pucia”. E allora perché oggi sono sempre meno? Centrano soprattutto le differenti tecniche di coltivazione del riso. Giuseppe Bogliani, ex docente di zoologia dell’Università di Pavia, ricorda le risaie della sua infanzia, un “mare a scacchi” dove l’acqua era sempre presente. «Questo è andato avanti fino alla fine degli anni ‘80 – ha spiegato in un’intervista al progetto Granai di memoria – agli inizi degli anni ‘90 sono però avvenuti cambiamenti sostanziali». Le risaie hanno cominciato a essere livellate in maniera molto più regolare, facendo però sì che nei periodi di asciutta non rimanessero più pozze d’acqua. A questi si sono aggiunti i trattamenti chimici contro le malerbe, da effettuare anch’essi in asciutta.

«Questo processo di togli e metti acqua ha creato un disturbo rilevante alle specie che vivevano nelle risaie. Le rane, quando la risaia viene allagata, sono attirate dall’acqua, dove depongono le uova. Lì nascono i girini, che però tolta l’acqua muoiono». Una trappola ecologica: «Nel giro di qualche anno si è visto un crollo delle popolazioni di rane verdi – conferma Bogliani – Questo era il vertebrato terrestre più presente in Italia settentrionale: ora non è più così». Una cambiamento che si vede… e si sente: «Sono cambiati anche i paesaggi sonori: quel frastuono di raganelle e rane ora non c’è più».

Alessio Facciolo

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