«E maledetta l’estate, col suono delle sirene, delle cicale»: lo scorso anno, anche la reginetta del pop Annalisa celebrava a modo suo le “colleghe” cicale, che con il loro frinire ripropongono, ogni estate, il più classico dei tormentoni, quel loro crr-crr che da sempre accompagna vacanze al mare, passeggiate in pineta e gelati in spiaggia. Da qualche anno però il canto delle cicale non è più un’esclusiva dei luoghi di villeggiatura: anche nelle campagne lomelline, e persino nei centri urbani, il frinire di questi insetti è ormai divenuto una costante del periodo che va dalla fine di maggio fino al mese di settembre.
Se un sudato impiegato di Vigevano oggi può aprire la finestra, chiudere gli occhi, aprire le orecchie e sognare di essere in Maremma o nel Salento, lo deve – ahinoi – principalmente al cambiamento climatico. Tipiche delle zone calde del Mediterrano, con l’innalzamento delle temperature degli ultimi anni l’areale delle cicale si è ampliato, andando a comprendere anche la Pianura Padana, grandi città comprese, ma non solo: nel 2023 il loro frinire è stato documentato persino sul monte Baldo, in Trentino, a 1700 metri d’altezza. Sia come sia, la cicala è una bestia interessante: facile da sentire, meno da vedere, la si può trovare sugli alberi, della cui linfa si nutre.
Celebrato dal poeta Giosuè Carducci, ma sbeffeggiato da Ludovico Ariosto, Virgilio ed Esopo (la nota favola non è la migliore delle pubblicità, ammettiamolo), il suo caratteristico suono è prodotto dal maschio e si tratta letteralmente di una “canzone d’amore” (va detto, come la maggior parte dei tormentoni estivi) per attirare le femmine. I maschi riescono a fare ciò grazie a un organo stridulatore, costituito da due grandi cavità ventrali, alla base dell’addome; in ciascuna di queste è tesa una membrana sonora che vibra sotto l’influenza della contrazione di muscoli speciali. Come spesso accade agli amori estivi, anche le love story delle cicale durano una stagione sola: poco dopo l’accoppiamento gli adulti muoiono (almeno per le specie presenti in Italia) e le larve, uscite dalle uova appena schiuse, vanno sottoterra, dove si nutrono della linfa delle radici per tutto l’inverno. In attesa dell’estate, quando rimetteranno fuori la testa e, dopo una muta, saranno pronte a riprendere il loro tradizionale concerto.
Alessio Facciolo