Il Racconto / Un tè con Miss Marple

Agatha Christie non sognava i suoi personaggi. Li creava con cura, ma una volta sulla carta, diventavano entità indipendenti. Per questo, quando si ritrovò seduta di fronte a Miss Marple in un salotto inglese, credette di stare avendo un’allucinazione.

La stanza era esattamente come l’aveva immaginata: carta da parati floreale, un orologio a pendolo discreto, una teiera fumante accanto a un vassoio di dolcetti. Il profumo di lavanda e tè nero si diffondeva nell’aria. Miss Marple, con il suo abitino grigio e il cappellino decoroso, la fissava con occhi azzurri e indagatori.

Mia cara Agatha, che sorpresa vederla qui! — disse Miss Marple, versandole il tè — Immagino che sia altrettanto stupita quanto me.

«Direi di sì, Miss Marple — rispose Agatha, cercando di mantenere la calma. Si sentiva come un’attrice finita dentro la sua opera — In genere, gli scrittori non si ritrovano faccia a faccia con le loro creazioni». Miss Marple sorrise. «Oh, ma perché no? Noi personaggi viviamo nei pensieri dei nostri autori, non è vero? E talvolta possiamo persino parlare con loro». Agatha prese un sorso di tè, trovandolo sorprendentemente reale. «Se posso dedurre bene — riprese Miss Marple, posando la tazza — direi che sta attraversando un momento di esitazione. Forse una storia che non si lascia scrivere?» Agatha la guardò stupita. Quella vecchia signora era davvero perspicace. «In effetti, sì. Ho una nuova indagine per lei, ma non riesco a trovare il colpevole». «Ah, mia cara, il colpevole è sempre il meno sospettabile, ma il più logico — disse Miss Marple — Deve pensare come un giardiniere. Le persone, come i fiori, crescono e si piegano secondo la loro natura. C’è sempre un motivo, anche per il crimine più oscuro». Agatha tamburellò le dita sul tavolino. «Mi sta dicendo che devo scavare più a fondo nei miei personaggi?»

Miss Marple annuì, prendendo un biscotto. «Esattamente. E ricordi: i dettagli più insignificanti sono spesso i più rivelatori. Una parola a mezza voce, un’espressione fugace… lei stessa mi ha insegnato tutto questo». Agatha sorrise. Il pendolo ticchettava dolcemente. Poi, un suono lontano la riportò alla realtà: il fruscio della tenda nella sua stanza. Aprì gli occhi. Era seduta alla scrivania, la penna tra le dita. Il foglio bianco non era più vuoto. E nell’aria sembrava ancora di sentire il lieve aroma di tè nero e lavanda.

Davide Zardo

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