Nei Vangeli Sinottici si narra che poco prima della Pasqua, mentre era ormai in cammino verso Gerusalemme, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte, dove fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Da sempre questo luogo viene identificato nel Monte Tabor, che coi suoi 600 metri circa troneggia al centro della fertile pianura di Esdrelon, a sud-est di Nazaret.
È sempre emozionante la salita su questo colle. Innanzitutto, per la vista che si gode dalla cima, da dove si riescono a scorgere a ovest le alture del Carmelo, a est la fossa del Giordano e poi tanti luoghi menzionati sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento. Quello che risulta particolarmente toccante, però, è il fatto che da Nazaret, dove è cresciuto, sicuramente Gesù si è recato lì molte volte, in compagnia, con i suoi discepoli e magari anche da solo. E chissà quante volte si è soffermato sulla cima, a contemplare il paesaggio attorno. Questo gli permetteva di ricordare tutti gli eventi della storia di Israele, della storia della salvezza accaduti proprio lì, facendogli prendere sempre più coscienza del disegno di Dio che era chiamato a portare a compimento. Anche noi abbiamo bisogno dei nostri Tabor.
Abbiamo bisogno di luoghi dove ogni tanto poterci appartare per recuperare una visione oggettiva di noi e della nostra vita. Sin dall’antichità la cima dei monti, meglio ancora se alti, costituivano in tal senso il luogo ideale. Questo perché davano la sensazione di essere più vicini al cielo e quindi a Dio. In secondo luogo perché permettevano di vedere le cose in modo distaccato e globale, nel loro insieme, dall’alto. E così devono essere anche i nostri Tabor. Non si tratta necessariamente di scalare un monte o di raggiungere la cima più alta. Certo, questo può risultare quanto mai suggestivo e può rappresentare un valore aggiunto.
Quello che è particolarmente importante però è che questi luoghi ci aiutino a staccarci dalla realtà di ogni giorno e che ci facciano sentire più vicini a Dio. Questo ci permetterà allora, come per Gesù, di rileggere la nostra esistenza e di cogliervi sullo sfondo le impronte inconfondibili della tenerezza e dell’amore di Dio.
don Luca Pedroli, biblista Pont. Ist. Bibl. di Roma