Da quando esiste questa rubrica ho fatto due recensioni, ed entrambe erano di libri western. Probabilmente, sono ripetitivo. Ma se non altro il “Selvaggio Ovest” di Daniele Pasquini non è quello dell’Arizona o del New Mexico, ma quello più vicino della Maremma di inizio ‘900, con le sue paludi, le sue pinete, le colline da una parte e il mare dall’altra, dove il sole va a morire alla fine di ogni giorno.
Non spoilero nulla se dico che il romanzo si chiude con una cavalcata verso il tramonto (più che un clichè, un affettuoso tributo cinematografico) e anche che gli archetipi umani del western ci sono tutti, naturalmente traslati nella Toscana del secolo scorso: il cowboy solitario dalla parlata grossetana; il bandito a metà strada tra il criminale e il folk hero; lo sceriffo un po’ inetto con la divisa da carabiniere; pure gli indiani, questi proprio quelli veri del vecchio West. Perché sì, c’erano anche loro in quegli anni, quando il circo itinerante di Buffalo Bill girava per l’Europa a mostrare le prodezze di pistoleri e cavallerizzi. Il lato spettacolare della Frontiera, quello che gli americani sono sempre stati bravissimi a vendere: la polvere, il sangue, la povertà, la vendetta è lasciata invece al mondo reale, quello rappresentato dai butteri della Maremma a spasso con le mandrie, dall’incubo della malaria, dai briganti in agguato nella boscaglia, dalla vita miserabile dei carbonai che scendevano dalle montagne. Quella di Pasquini non è una semplice mimesi, o un’operazione parodistica, nemmeno uno “spaghetti western”, genere tutto italiano che del western classico è l’antitesi.
“Selvaggio Ovest” mostra che anche in un mondo dagli orizzonti ristretti possano nascere leggende, ossessioni, sogni, che si possa morire per essi… si possa anche uccidere, forse. Che poi, ristretti per chi?
C’è un momento in cui un certo personaggio, abituato a ben altri spazi, dichiara di sentirsi quasi compresso, in quel paesaggio di paesini abbarbicati sulle colline e boschi; quegli stessi sentieri, che a lui appaiono così limitati, per i suoi inseguitori rappresentano i confini del mondo conosciuto, una distanza mai percorsa prima di quel momento. Ma per entrambi, quella cavalcata, quella caccia, non ha che un afflato: quello dell’avventura. E quello è un richiamo universale, che arrivi dalla Maremma o dall’ovest lontano delle pianure americane: un richiamo che l’autore fa udire forte e chiaro anche ai suoi lettori. Daniele Pasquini è nato nel 1988 in provincia di Firenze e lavora come addetto stampa nel mondo editoriale. Ha esordito in narrativa nel 2009 con Io volevo Ringo Starr, seguito da un romanzo breve e da una raccolta, tutti usciti per Intermezzi Editore.
Alessio Facciolo