Mappamondo / Chi si ricorda il Ruanda?

La Repubblica Democratica del Congo sta affrontando una grave crisi a causa dell’avanzata del gruppo armato M23, sostenuto dal Ruanda, che ha preso il controllo dell’aeroporto di Goma dopo violenti scontri con le forze congolesi.

Più di cento persone sono morte e migliaia sono rimaste ferite, mentre oltre mezzo milione di civili sono stati costretti a fuggire. La zona colpita è il Nord Kivu, regione ad est del paese, confinante con il Ruanda. Quest’area è ricca di coltan, un minerale essenziale per la produzione dei telefoni cellulari, che fa gola ad aziende di telecomunicazioni di mezzo mondo, specialmente cinesi e americane. Ma cos’è l’M23 e perché il Ruanda ne controlla le operazioni in Congo? Il Movimento del 23 marzo, nato in Congo, è considerato un gruppo filo-ruandese per la massiccia presenza di tutsi tra i suoi membri. Il nome si riferisce all’accordo di pace firmato il 23 marzo 2009 tra i ribelli e il governo congolese, che pose fine a un periodo di guerra civile. Tuttavia, nel 2012 i ribelli accusarono il governo di non rispettare il trattato e ripresero gli attacchi, soprattutto su Goma, capitale di Nord Kivu.

La crisi attuale non è solo economica, anche se le risorse minerarie rappresentano un elemento cruciale, ma ha anche profonde radici etniche. L’M23 è composto da tutsi e si scontra con l’esercito del Congo, formato da hutu.

Questo ci riporta indietro di trent’anni. A quando, nel 1994, nel giro di tre mesi, gli hutu massacrarono circa 800.000 tutsi in Ruanda a colpi di macete e bastoni chiodati. Centinaia di migliaia di donne furono violentate e circa 5.000 bambini nacquero come conseguenza di quegli abusi. Le ferite di quel periodo non si sono mai rimarginate e l’odio etnico persiste. Oggi, le tensioni hanno innescato proteste nella capitale Kinshasa, dove manifestanti hanno attaccato ambasciate di diversi Paesi, accusandoli di non intervenire per fermare la crisi. Gli ospedali di Goma sono al collasso e si teme unna catastrofe umanitaria, aggravata dal rischio di epidemie qualora i campioni di Ebola conservati in un laboratorio locale dovessero disperdersi duranti i combattimenti. Le Nazioni Unite, limitatesi a lanciare appelli alla calma, sono chiamate a intervenire con urgenza per evitare un disastro simile a quello di trent’anni fa, quando la loro reazione arrivò tardi.

Matteo Re, docente presso l’Università di Madrid

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