Mappamondo / Equilibri internazionali ad alto rischio

Siamo entrati in un mese cruciale per gli equilibri internazionali. Tra poche settimane si voterà negli Stati Uniti, e potrebbe verificarsi un cambio di rotta nelle politiche estere della principale potenza mondiale. L’attuale amministrazione Biden, nel frattempo, cerca di mantenere una certa autorità, con risultati non sempre soddisfacenti. Gli Stati Uniti infatti faticano a imporre una linea coerente nei principali scenari geopolitici. Zelensky, dopo una lunga insistenza, ha ottenuto il via libera a ricevere armamenti a lunga gittata, ma con il divieto di poterli usare per attacchi sul territorio russo.

Questa limitazione appare contraddittoria, poiché si fatica a capire a cosa gli possa servire quel tipo di armi se non per incidere direttamente sul paese vicino.

In Medio Oriente, Netanyahu non perde occasione per contraddire ogni raccomandazione della Casa Bianca. Se poche settimane fa si opponeva fermamente a una tregua a Gaza, ora ha avviato una escalation militare contro Hezbollah in Libano. Il mondo sta a guardare, nella speranza che il prossimo governo americano possa adottare politiche estere più incisive in queste aree cruciali. Prevedere i risultati elettorali sembra un esercizio arduo: l’equilibrio tra i due candidati è tale da rendere ogni scenario possibile. Nel frattempo l’immagine più curiosa arriva dai paesi arabi. Nonostante le proteste ufficiali contro Israele, nessuno ha adottato misure concrete di opposizione. I firmatari degli Accordi di Abramo (Emirati Arabi Uniti, Marocco, Bahrein e Sudan) non hanno fatto alcun passo indietro rispetto agli accordi. L’Arabia Saudita, inizialmente considerata un fattore scatenante dell’attacco di Hamas contro Israele il 7 ottobre 2023 – si ricorderà che si parlava dell’intenzione palestinese di ostacolare le intese diplomatiche tra sauditi e israeliani – non sembra intenzionata a interrompere il processo di avvicinamento con Israele. Anche la Giordania mantiene una posizione ambigua: mentre la popolazione è chiaramente anti-israeliana, il governo ha difeso Israele durante gli attacchi con droni da parte dell’Iran.

L’intervento contro Hezbollah non sembra sgradito a quei paesi a maggioranza sunnita, da sempre in conflitto con gli iraniani. La logica del “nemico del mio nemico è mio amico” appare più che mai attuale, con Hezbollah – milizia sciita sostenuta da Teheran – nel mirino di questi stati.

Matteo Re, docente Università di Madrid

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