Chiva, Paiporta, Utiel, Sedaví. Fino al 29 ottobre 2024, probabilmente solo i residenti e chi abitava nei dintorni conosceva questi paesini dell’entroterra valenciano. Ma da quel giorno, sono diventati un nome familiare in tutta la Spagna.
Alla fine di quella mattina di ottobre le forti precipitazioni hanno fatto gonfiare fino a far tracimare alcuni fiumi e torrenti. Malgrado la situazione fosse sempre più critica, le autorità non hanno ritenuto necessario emettere alcuna allerta. Anzi, il presidente della regione ha cercato addirittura di rassicurare la popolazione, dichiarando che il maltempo si stava spostando verso nord e che quindi non vi era nulla da temere. L’avviso ufficiale, che raccomandava evitare spostamenti innecessari, è arrivato sui telefonini dei valenciani solo alle 20. Ma ormai era tardi. In centinaia sono stati travolti dall’alluvione, duecentoventisette inghiottite dall’acqua. Nei giorni successivi, la paura iniziale si è trasformata in rabbia, visibile nei gesti di protesta immortalati durante la visita della famiglia reale, del presidente spagnolo Pedro Sánchez e del presidente della regione Carlos Mazón nelle zone colpite.
La folla inferocita ha accusato le istituzioni di non aver allertato in tempo la popolazione e di non aver inviato aiuti tempestivamente.
Si sono sentiti abbandonati in balia di una calamità spaventosa, mentre chi aveva il potere si rimpallava la responsabilità senza intervenire. E mentre gli aiuti ufficiali non arrivavano, gli spagnoli, da ogni parte del Paese, si sono mobilitati per portare cibo, prodotti per la pulizia e medicine a proprie spese. Migliaia si sono messi a spalare il fango, incarnando quell’“altruismo emergente” teorizzato dal sociologo americano Lee Clarke: quando il disastro colpisce, il senso di comunità cresce e spinge all’azione collettiva. Un’immagine che, per noi italiani, richiama subito alla memoria gli “angeli del fango” di Firenze, quei giovani che nel 1966 accorsero a ripulire la città dopo la devastante alluvione del fiume Arno. La Spagna si è divisa anche su questa vicenda. Sánchez ha puntato il dito contro l’estrema destra, accusandola di aizzare le proteste contro di lui e insinuando che tra i volontari vi fossero anche pericolosi ultras. L’opposizione ha sulle proprie spalle la responsabilità della passività di uno dei suoi: il presidente regionale Mazón.
Matteo Re, docente presso l’Università di Madrid