Sul Monte degli Ulivi, nel quartiere identificato oggi come Gerusalemme est, a un chilometro circa dalla Città Vecchia, vi è un luogo chiamato in greco Imbomòn, dove secondo un’antica tradizione è conservata la Pietra dell’Ascensione, sulla quale si ritiene che siano rimaste impresse le impronte dei piedi di Gesù.
Si tratterebbe della sua ultima testimonianza terrena prima della sua salita al cielo, quaranta giorni dopo la Pasqua. Per questo motivo, era stato costruito qui un grande complesso architettonico costituito da una chiesa e da un monastero, convertiti poi in una moschea islamica. L’edicola dove è custodita la pietra in origine aveva la volta aperta, come per lasciare sempre spalancata la via al cielo. La visita di questo luogo costituisce sempre per i pellegrini un momento quanto mai toccante. Si percepisce infatti che l’evento lì ricordato è incentrato su Cristo, ma ha nel contempo chiare implicazioni anche per la nostra vita. Gesù è salito al cielo come esponente di tutta l’umanità, come capo di quel corpo di cui noi siamo membra vive. Lui ci precede e ci assicura che tutti siamo chiamati a percorrere la stessa via.
Nell’insieme delle solennità che seguono la Pasqua, l’Ascensione è quella che più ci fa porre l’attenzione sulla meta del nostro cammino e che ci ricorda come la nostra esistenza stia procedendo verso la vita piena con Dio e con i fratelli, nell’eternità. Non è solo un bel desiderio o una pia illusione: è un attendere per noi e per tutta l’umanità quello che Cristo, nostro fratello, già possiede e ci ha garantito. La solennità dell’Ascensione ci riguarda profondamente anche perché, nelle ultime parole che Gesù rivolge ai suoi, troviamo la promessa e la missione che sempre ci affida. È quanto risulta scandito alla fine del Vangelo di Marco:
Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo.
È stato così per le persone che hanno avuto a che fare con Gesù in Palestina ed è così ora, anche per noi che celebriamo in questi giorni il mistero del Cristo Risorto e vittorioso sul male e sulla morte, una volta per sempre. Ogni volta che abbiamo modo di visitare l’edicola dell’Ascensione, il Signore ci ricorda che dobbiamo essere suoi testimoni e ci manda ad annunciare il Vangelo in tutto il mondo. Quello che Gesù ci chiede è di fare come lui, di andare ovunque, lasciandoci guidare non dai nostri, ma dai suoi criteri, facendo dell’amore e della generosità la legge fondamentale della nostra vita, valorizzando e rispettando ogni persona come essere amato da Dio, unico e irrepetibile, e destinato al cielo.
don Luca Pedroli, biblista presso il Pontificio Istituto Biblico di Roma