La Caritas diocesana è in prima fila nella gestione delle risorse dell’8 per mille per opere caritative. Don Moreno Locatelli, lei è il direttore di Caritas, che peso hanno questi fondi nel darvi la possibilità di intercettare la fragilità?
«L’8 per mille è una risorsa importante e fondamentale, ma non è l’unica su cui poggia la nostra attività e questo ci consente di destinare oltre il 90% di quello che arriva direttamente all’utenza, cioè ai poveri e al disagio nelle sue varie forme. La struttura, necessaria per erogare i servizi, si mantiene con altre risorse»
Quali sono i progetti più importanti che sono stati realizzati nel 2023 grazie ai proventi dell’8 per mille?
«Il Centro d’Ascolto in primis, che rappresenta la punta di diamante e il principale strumento di Caritas, quello che arriva direttamente alle persone e alle famiglie, non solo il CdA diocesano, ma anche quelli parrocchiali. In secondo luogo l’Osservatorio delle povertà e delle risorse, uno strumento che ha il compito di leggere e rileggere non solo i bisogni, ma anche i punti di forza che il territorio ha. Per citare un caso, quest’anno a Cava Manara si è registrato l’arrivo di un numero elevato di stranieri di origine sudamericana, in gran parte per ricongiungimento familiare, abbiamo potuto leggere questo fenomeno e capire come rispondere alle esigenze non solo economiche che poneva, visto che ad esempio una parte significativa ha scelto Cava Manara per la vicinanza alle strutture sanitarie pavesi»
Tra i progetti per il 2024 ci saranno tutti quelli già finanziati? Se ne aggiungeranno altri?
«La domanda si presenta a settembre, per cui è ancora presto per una risposta. Alcuni sono punti fermi come i CdA, l’Osservatorio, l’attività in carcere, di contrasto alla fragilità lavorativa, alla grave marginalità, alle dipendenze. Nel 2023 è stato inaugurato il Centro famiglia lomellino, nel 2024 mi piacerebbe pensare a una comunità per minori stranieri non accompagnati; non è facile, ma il nostro territorio è sguarnito da questo punto di vista. Inoltre mi piacerebbe potenziare la parte legata alla fragilità educativa, collaborando con Negrone e altre realtà anche laiche. Certo il prossimo sarà un anno difficile»
Perché?
«Quello che si riceve è il gettito di quattro anni prima, quindi nel 2024 sarà quello del 2020, l’anno della pandemia in cui è stato ridotto»
Le statistiche parlano di un 30% in meno
C’è un progetto che ritiene simbolo dell’attività caritativa della Diocesi o a cui è particolarmente legato?
«Mi verrebbe da dire tutti, invece mi piacerebbe rinvigorire l’animazione delle comunità parrocchiali, valorizzando la funzione pedagogica che è uno dei pilastri di Caritas. Lavorerei su una sensibilizzazione, un coinvolgimento:»
chi manca nelle nostre comunità cristiane? I poveri, che evidentemente non si sentono a casa, ma come fanno a non sentirsi a casa i prediletti da Gesù?
«Se anziché girare la testa dall’altra parte li guardiamo in faccia, potremo riconoscere la persona e accorgerci che non è diversa da noi, anzi che quella stessa condizione potrebbe essere la nostra, come dovrebbe averci insegnato la pandemia. Da parroco, oltre che da direttore di Caritas, vorrei un’attenzione di tutti alla fragilità»
E’ un tema che aveva toccato in una precedente intervista a L’Araldo, ma la povertà in Italia come negli altri paesi sviluppati è stigmatizzata, considerata una “colpa” in una prospettiva che sembra più calvinista che cattolica.
«Abbiamo scelto di considerare qualità della vita una vita ricca economicamente e non una vita piena di cose importanti. La povertà fa un po’ paura e il povero si sente di serie B; non accettato spesso lo è, eppure san Lorenzo indicò i poveri ai suoi aguzzini che gli chiedevano dove fosse il tesoro della Chiesa»
Tornando all’8 per mille, dalla prospettiva di un mondo secolarizzato ha senso destinarlo alle istituzioni religiose?
«Direi proprio di sì. Sono d’accordissimo rispetto a una forma libera in cui il cittadino può destinare parte del suo reddito per ciò che ritiene opportuno. Non so come le altre confessioni lo usino, penso si comportino come noi, con un’area caritativa e una culturale-pastorale, e credo che sia giusto. Una delle pubblicità di quest’anno vede delle persone che ne aiutano altre con un ombrello sotto la pioggia e una frase che dice
se dare riparo a qualcuno ti fa sentire bene, immagina farlo per migliaia di persone
«ecco, fa capire la scala, la dimensione, perché il singolo da solo non può rispondere a bisogni diffusi»
Ma tutto questo produce ricadute positive per il cittadino che si trova a contribuire “forzatamente”?
«I poveri e le fragilità comunque ci sono e qualcuno deve rispondere. Se lo fa il privato sociale puoi decidere di dargli l’8 per mille o in alternativa di destinarlo allo Stato, ma se non ci fosse questo proprio lo Stato dovrebbe dare la risposta e potresti trovarti con un carico fiscale aumentato per gestire gli stessi servizi».
Giuseppe Del Signore