Il libro degli Atti degli apostoli racconta che i discepoli di Gesù dopo la Pasqua stavano trincerati nel Cenacolo per paura. Dopo Pentecoste tutto cambia e li vediamo testimoni coraggiosi, audaci, fino alla morte. Cosa è capitato? «Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi». (At 2,2-4)
Una potenza dall’alto, una forza venuta dal cielo, lo Spirito di Gesù ha investito e trasformato i discepoli di Gesù. È stato il dono, l’incontro con lo Spirito Santo a cambiare la loro vita. Lo Spirito come il fuoco, un simbolo molto intenso: ci parla di qualcosa di trascendente, intoccabile ma insieme di vicino, che ci riscalda e dà luce. E ci parla di cuore e di passione: un fuoco che brucia, che arde nel cuore di chi ama, di chi incontra Dio. Lo Spirito come il vento, simbolo di libertà, di qualcosa che non puoi catturare e neppure vedere. Puoi vederne solo gli effetti. Il vento che annulla distanze e abbatte barriere. Ho il sospetto che lo Spirito Santo ami scherzare, farsi gioco delle nostre previsioni, smentire clamorosamente le nostre sentenze “inappellabili”, mandare all’aria i nostri rigidi schemi. Per favore, non blocchiamo le serrature. Almeno una volta, proviamo ad essere sbadati. Lasciamo socchiuse porte e finestre, in modo che quel vento impertinente le sbatta fragorosamente e irrompa combinando tutti gli scherzi che vuole. Il vento “scherzoso” della Pentecoste sibila rabbioso, scompiglia, solleva, trascina, sconvolge, sbuffa, scombina, scuote, sradica, spazza, schiaffeggia. È il suo mestiere. Ma consentiamogli di farlo fino in fondo.
Credo nello Spirito Santo che è Signore e dà la vita
recitiamo così ogni domenica alla Messa nella preghiera del Credo. Lo Spirito, una persona, una persona divina, un tu che vuole dimorare in noi, non semplicemente una forza impersonale, non un qualcosa, ma Qualcuno.
È Lui l’ispiratore del coraggio degli apostoli, la forza dei martiri, è Lui che parla, esorta, consiglia, illumina, è afflitto, piange, si rallegra, consola. La Pentecoste è un avvenimento che sta alle nostre spalle, ma sta anche davanti a noi oggi.
Celebrare oggi la Pentecoste vuol dire lasciare che questo Spirito, che viene dall’alto, trasformi il nostro cuore e ci dia la “forma” di Gesù, lo stile di Gesù.
Lo Spirito Santo ci libera dal “complesso dell’ostrica”. Rubo questa immagine a un santo vescovo, un uomo innamorato della pace, un uomo mite: don Tonino Bello. Lo Spirito Santo ci scaraventa nel mondo. Ci vuole creature di azione, di movimento. Occorre pregare e invocare che lo Spirito ci abiti, che ci regali la sua forza e la sua dolcezza, la sua fantasia e la sua sapienza. E occorre guardare ai tanti uomini e alle tante donne di oggi e di sempre che sono stati «sedotti e afferrati» dallo Spirito. Amo molto queste parole di s. Caterina da Siena: «La mia vita è infiammata». Penso che ogni vita debba essere infiammata e cercare l’intensità. La vita non è preziosa se non diventa una stella, un fuoco.
don Marco Torti