Riecheggiano e risuonano in tutti noi i ricordi della “GMG Lisboa 2023”, ma si apre davanti e dentro di noi educatori spesso un momento di riflessione sugli eventi che sono accaduti, su ciò che abbiamo realizzato e ciò che desideriamo realizzare nei mesi e anni a venire: progetti, programmazioni, attività da vivere, alcune da rivedere e da rivalutare. Si ricordano i momenti che hanno anticipato questa esperienza, le ansie e le aspettative che contraddistinguono la meravigliosa primavera della vita. Ma che cosa si deve respirare in giornate ricche di incontri incalzanti e talvolta frenetici delle GMG? La connessione autentica che coltiva la speranza.
PRECARIETA’ Ce lo hanno detto in tutto i modi, in questi ultimi decenni, che la complessità del mondo globalizzato avrebbe portato l’uomo contemporaneo alla rivalutazione dei modelli sociali, ma c’è voluto il Covid19 per farci vivere nel profondo (e non solo percepire) che la vita, in un mondo trasformato da cambiamenti rilevanti, viene anche colta in flagrante da variabili indipendenti da noi. Al sogno di un mondo migliore e all’intraprendenza collettiva per realizzarlo, si è sostituita una sensazione generalizzata di precarietà senza fine, la percezione di uno stato irrisolto d’emergenza. Il difficile rapporto con le nuove generazioni, i mondi paralleli che essi sembrano costruire nei confronti degli adulti, sono la denuncia più evidente di una società povera di speranza e di futuro.
AGENZIE EDUCATIVE Famiglie, educatori, insegnanti, Sacerdoti, svolgono oggi un servizio essenziale per uscire da una crisi culturale e spirituale (oltre che economica) che si trascina da tempo, senza sbocchi. L’adolescenza è la primavera rigeneratrice della collettività e nelle Giornate mondiali della gioventù si respira la necessità di connessioni virtuose sempre più difficili da realizzare, ma non impossibili. Animatori ed educatori pastorali, competenti e formati sono coinvolti in percorsi di approfondimento pedagogico non improvvisato. La Giornata mondiale della Gioventù non è una gita, ma un percorso che porta a un incontro con la connessione possibile.
ESORDI In questa tappa dell’età evolutiva si radicano le basi del vivere collettivo. La giovinezza è l’età in cui le persone si avventurano nella scoperta dell’amore e fanno le prime grandi esperienze affettive, in cui scelgono un proprio ruolo professionale e si preparano a esercitarlo, in cui maturano una propria visione del mondo e quindi scelte personali di vita, si orientano religiosamente e politicamente e quindi acquisiscono una propria identità sociale. Famiglia, professione, socialità, colonne portanti della vita collettiva, affondano le loro radici nell’adolescenza. Da sempre infatti le società si sono rinnovate attraverso l’apporto insostituibile dei giovani, la loro azione innovativa e le nuove sensibilità che essi portano.
FALSI MITI Si guarda oggi alle nuove generazioni come a un mondo opaco, misterioso, un territorio che spesso adulti ed educatori non sono più in grado di riconoscere. Lo dimostra il ricorso frequente ai luoghi comuni che rimandano quasi immediatamente a immagini di passività, a volte di svogliatezza o anche di fuga di fronte alle responsabilità. Abbondano i luoghi comuni, di pronto utilizzo e subito compresi, che permettono alle persone di dare giudizi, risparmiando la fatica del pensiero. L’adolescenza tuttavia non è solo un groviglio di problemi e d’inquietanti imprevisti. Rimane tuttora la bell’età. Le nuove generazioni sono attive e capaci di contributi originali; adolescenti e giovani sanno reagire in termini efficaci all’evoluzione dei tempi, stanno inventando, come le generazioni precedenti, forme inedite d’umanità. Sanno esprimere, in molti campi, grandiose risorse di autoefficacia, sperimentano, cioè, soluzioni originali ai loro compiti dello sviluppo. Gli adolescenti sanno di possedere una grande energia. La noia, che essi sperimentano e ostentano, più che un ritiro dal mondo, forse più precisamente, è la ribellione dell’intelligenza per il sottoutilizzo delle sue risorse o per l’esiguità degli scopi per i quali applicarsi. Non si sentono chiamati, aspettati, valorizzati da una società che lascia loro davvero poche risorse e possibilità.
GRANDI Gli adulti… che cosa hanno raccolto dalle GMG? Gli adolescenti e giovani tuttavia non amano definirsi persone disimpegnate e meno ancora si percepiscono in condizioni generalizzate di disagio. Se, a volte, appaiono distratti, “disconnessi”, come se abitassero in un mondo a parte, forse è solo per sfuggire alla complessità insopportabile della vita, nel tentativo di cercare una momentanea sospensione dalle tensioni quotidiane e dagli obblighi della prestazione in ogni ambito della vita; se sono tristi e demotivati è anche perché è la prima generazione a essere privata, derubata di condizioni essenziali per la speranza: la certezza dell’amore, il lavoro, la disponibilità di legami sociali reali. La difficoltà di educare si scontra con due fattori evidenti: da una parte le trasformazioni pratiche della vita sociale (la fragilità dei legami, il cambio culturale, la crisi del lavoro), dall’altra l’inadeguatezza delle idee e dei discorsi a interpretare i cambiamenti in atto. Non basta, infatti, annodare i fili di una tradizione pedagogica dispersa; servono nuove idee e nuove pratiche educative.
INSIEME Se la speranza si affievolisce, se i valori si oscurano, l’educazione non può neppure essere pensata. L’educazione sembra oggi impossibile perché, prima ancora, non si riesce a pensarla. Persa la possibilità di poter trovare il senso affidabile del mondo (dei legami familiari, del costume sociale, della cultura) diventa impossibile l’educazione. Si necessita di incontri e di confronti, soprattutto il confronto dei gruppi, come occasione importante di pensiero e di ricerca. L’appello generico alla speranza e il riferimento astratto ai valori, indipendentemente dalle forme storiche che essi assumono non sono infatti, di alcuna utilità se non diventano confronto e condivisione delle esperienze. La speranza deve basarsi sui fatti, sul riferimento a condizioni che possono accadere, su presupposti reali, su riflessioni nate dalla pratica di chi ha tentato raggiunto piccoli o grandi risultati.
IN CAMMINO Essa si fonda anche sulle buone prassi di tutti noi. Occorre reagire alla rassegnazione, rompere l’isolamento, mobilitare le energie, dare parola alle esperienze, per far crescere la qualità della vita nella scuola e in tutta la comunità in cui essa è inserita. Concludo con le parole che Il Card. Zuppi traccia ai media Cei un bilancio sulla Gmg di Lisbona: «L’immagine di una Chiesa gioiosa, presente, che cammina insieme, in un mondo così pieno di divisioni, così virtuale, così ingannevole. Credo che questa immagine sia già una grande risposta, anche a tante paure e tante incertezze. Qualche volta cediamo a credere più nelle nostre forze che nella forza dello Spirito. Lo Spirito qui ci ha largamente contraddetto e ha riacceso tanta speranza». Forza ragazzi… la nostra Speranza siete Voi.
D.ssa Annamaria Gabbiadini – Psico-Pedagogista