La Superbia: o Lui o io

Il peccato trascina al peccato e la ripetizione dei medesimi atti – bene ce lo ricorda il Catechismo – genera il vizio, tanto che ne derivano inclinazioni perverse che ottenebrano la coscienza e alterano la concreta valutazione del bene e del male (CCC 1865).

LOGICA DI MORTE La logica che anima il peccato è sempre una logica di morte. Come uscirne? Come ritornare alla vita? Una delle esperienze più forti della coscienza morale è certamente quella del rimorso, di quella “voce” interiore che ci rimprovera per ciò che abbiamo realizzato, soprattutto per il fatto che non si raccorda con la totalità del nostro essere. Ma questo è quello che accade quando il peccato è ormai commesso. Come si è giunti fin lì? Tutto è iniziato con una suggestione che è poi divenuta tentazione con la quale abbiamo iniziato a “flirtare” fino a lasciarci convincere ad assecondarla. Sia nel bene sia nel male, ogni atto ha una sorgente. È fondamentale conoscere questi impulsi iniqui che siamo soliti chiamare vizi capitali, non tanto per indugiare sul peccato, ma per capire come venirne liberati. Più che sapere che faccia ha il diavolo, il cui obiettivo è sempre quello di non farci parlare con Dio, ci importa sapere che voce ha così da poter lottare contro i pensieri malvagi da lui provocati.

AVVERSARIA DI DIO Il più pericoloso dei moti interiori è la superbia che merita l’appellativo di avversaria di Dio per eccellenza: essa ha il suo culmine nel rifiuto di Dio e nell’esaltazione di sé. Dice la Scrittura:

Principio della superbia è allontanarsi dal Signore; il superbo distoglie il cuore dal suo creatore

(Sir 10,12). È la madre di tutti i vizi, nel senso che dietro ad ogni peccato ritroviamo sempre almeno un po’ di superbia.

RIFIUTO DI DIO Fondamentalmente consiste nel rifiuto di Dio: o Lui o io, senza possibilità di una via di mezzo. È il peccato principale di satana che mira a spodestare Dio per prenderne il posto. Il superbo scimmiotta Dio, ne vuole imitare la potenza e goffamente cerca di rendersi simile a lui e, in conseguenza, cercherà sempre di mettersi sopra gli altri e di non voler vedere nessun altro se non se stesso.

OLTRE LA MISURA San Tommaso d’Aquino, con l’acutezza che gli è propria, la descrive come «il vizio e il peccato con il quale l’uomo, contro la retta ragione, desidera andare oltre la misura delle sue condizioni». In questa espressione è centrato il nucleo della superbia, vale a dire la sproporzione che il superbo crea tra sé e la realtà con la conseguenza che la volontà, principio che guida l’agire, non è più capace di giudicare coerentemente. La ragione che è fatta per ricercare e indagare la verità, a causa della superbia viene depistata e finisce fuori strada. Per il superbo i suoi pensieri equivalgono alla verità. Non si tratta, dunque, di una questione psicologica o caratteriale, la superbia è un uso non corretto della ragione, con tutte le conseguenze che questo comporta.

SOLITUDINE VERA Inevitabilmente produce solitudine (depressione): tutti si accorgono della superbia del superbo tranne l’interessato che se ne sta appollaiato su un filo sottile di ragnatela che presto o tardi però si spezzerà, causando non poco dolore. Se ne esce? Con l’umiltà: la verità sulla propria vita appartiene al pubblicano che si batte il petto, più che al fariseo che ritto davanti al tempio (cf. Lc 18,11) rimane fermo nell’inganno di credersi migliore degli altri. La cura è il rapporto con un Amore più grande: non si tratta di pretendere di essere “come Dio”, ma di essere con Lui.

don Paolo Ciccotti

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