Vita consacrata, una chiamata speciale

La fantasia di Dio non ha limiti né di spazio né di tempo, è infinita. Lo Spirito Santo semina i suoi doni spargendoli come il vento, dovunque e sempre; li dona a chi li cerca e a chi non li cerca né li attende. Nessuno può conoscere il perché. Dio agisce sempre nella piena libertà e gratuità dell’amore. Particolarmente nella Chiesa, lo Spirito suscita carismi diversi in coloro che, nel Battesimo, vengono consacrati a Dio.

SECONDA CHIAMATA Doni che, insieme ai ministeri, costituiscono il tessuto essenziale della Chiesa stessa: non sono una semplice aggiunta facoltativa, marginale e secondaria. Radicati nella fede ricevuta nel Battesimo, i cristiani sono tutti chiamati a esprimere nella propria vita la fedeltà che Cristo ha vissuto compiendo quel preciso progetto e quella specifica missione affidatagli dal Padre. Dentro questa comune e universale vocazione, alcuni uomini e alcune donne possono ricevere dallo Spirito una specifica chiamata a vivere l’adesione di fede a Cristo con radicale fedeltà a Lui obbediente al Padre nella sua umana e storica esperienza di vita povera e verginale.

RADICE BATTESIMALE E’ questa la vocazione che oggi viene chiamata “vocazione di speciale consacrazione” perché non sostituisce la consacrazione battesimale, ma ne sviluppa dinamicamente la sua radice profonda conducendo i battezzati ad una piena e radicale condivisione della vita di Cristo, esistenza concretamente sintetizzata ed espressa nei voti di obbedienza, di povertà e di verginità.

Le modalità storiche e concrete in cui questa particolare vocazione si è attuata e si attua sono le più diverse: dalla solitudine eremitica nel deserto alla vita comune nei monasteri, dalle comunità strutturate negli Istituti alla consacrazione a Dio rimanendo dentro la propria condizione di vita laicale professionale o di lavoro. Coloro che in qualsiasi modalità ricevono questa particolare vocazione non sono né devono sentirsi persone eccezionali. Sono invece uomini e donne di questo mondo e di questo tempo; tempo spesso difficile come il nostro oggi inquieto e lacerato, ma sempre tempo stupendo in quanto attraversato dalla immancabile presenza di Dio che misteriosamente realizza il suo disegno eterno dentro la storia umana.

ECCOMI Ciò che assolutamente va riconosciuto è l’origine, la fonte di ogni vocazione: essa ha inizio dallo sguardo di amore che Dio liberamente rivolge, chiamando ciascuno per nome e donando una esistenza nuova, unica, irripetibile. Con quel nome nuovo, Dio riplasma la persona chiedendole di seguire le orme di Cristo custodite nel Vangelo e interpretate dalla e nella Chiesa. Una traccia di percorso certamente arduo e impegnativo, ma aperto verso orizzonti nuovi e fecondi, umanamente impensabili.

A questa originaria vocazione, chi è chiamato deve liberamente rispondere con l’eccomi della fede docile e obbediente. Una disponibilità generosa, ma che non esclude debolezze né fragilità; il dono divino di grazia non deve illudere: esso viene donato come «un tesoro in vasi di creta» (2Cor. 4, 7). Di fronte a ogni condizione o esperienza di fragilità umana, Dio risponde come ha detto all’apostolo Paolo, «ti basta la mia grazia»: è nella debolezza che si manifesta la mia forza (cf. 2Cor. 12,9-10). Solo perché radicati nel “sì” di Cristo al Padre, i chiamati alla sua sequela possono dire e vivere il loro “sì”, il loro impegno di fedeltà per tutta la vita.

AREOPAGHI D’OGGI Inscindibile da ogni chiamata, è la missione. Ogni carisma è per la comunità, per la Chiesa, per la sua vita e per il servizio al mondo a cui essa è chiamata e inviata. Sempre urge rendere presente il Regno di Dio che si è fatto prossimo agli uomini nella persona e nell’opera di Gesù di Nazaret. E la missione consiste nel raccontare il Vangelo con la vita prima che con la parola: essere segno di lui che passa, annuncia il Regno, guarisce, perdona, prega, offre la propria vita fino alla croce e alla gioia pasquale. La vocazione è vissuta a livello personale e, in determinate forme, nella comunità di fratelli e sorelle che, stando insieme, si danno la mano l’uno con l’altro, fedeli pellegrini e compagni di viaggio.

Spazi concreti dove il carisma della vita consacrata può fiorire e dare testimonianza sono alcuni specifici areopaghi del mondo d’oggi: una corsia di ospedale, una struttura per anziani, una scuola, angoli di strada dove confluiscono giovani e ragazzi inquieti, disorientati che attendono chi li accolga e li ascolti.

RISVEGLIO Luoghi di presenza e di testimonianza per i consacrati sono pure le terre lontane dove ancora non è giunta la luce di Cristo e dove pure mancano strutture sociali semplicemente umanizzanti. Non piccolo né insignificante areopago è anche il monastero dove i consacrati pregano, meditano in un prolungato e profondo silenzio: tempo non vuoto, ma fecondo, generatore di conforto e di speranza nel futuro, soprattutto per chi ha smarrito i sentieri che conducono alla vera vita.

Pur nella odierna crisi numerica, ai chiamati alla vita consacrata Papa Francesco chiede di non evadere dal nostro tempo, ma di vivere con fiducia nell’oggi, pur problematico e scomodo, senza fughe in avanti né rivolgendo sterili e nostalgici sguardi verso il passato. Essere pochi non significa essere insignificanti. Occorre coraggio nell’abbracciare con speranza il futuro. Alla fine, con illuminata saggezza, il Papa affida ai consacrati l’inderogabile compito di risvegliare il mondo.

don Luigi Cacciabue

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