Un’intenzione che, dopo ottocento anni, mantiene intatto il suo senso. Nel condurre la sua riflessione sull’annuncio della nascita di Gesù, ieri notte in Cattedrale, il vescovo Maurizio Gervasoni è partito dall’intenzione che otto secoli fa mosse Francesco ad “inventare” il presepe. «L’intenzione di Francesco d’Assisi – ha detto il Vescovo – fu quella di far vivere a ciascuno l’evento della Natività con i suoi propri sensi». In questo modo, il presepe non è una sceneggiata e neppure l’allegoria della bontà degli uomini. «Si tratta di lasciare che il mistero della fede diventi carne dentro di noi – ha proseguito mons. Gervasoni – e cambi il nostro cuore».
IL MISTERO DI GESU’ Tutto il contrario, insomma, di come spesso viviamo il presepe: una sceneggiata che racconta dell’uomo, dello stereotipo della sua presunta bontà, dell’allegoria della bontà umana. «Il presepe – ha proseguito il Vescovo – dovrebbe permetterci di rivivere il mistero di Gesù; nel presepe non dobbiamo adattare la nascita di Gesù ai nostri sentimenti ma il contrario: permeare il nostro sentire secondo il sentire di Dio».
IL SENSO La questione, per l’uomo, è di tornare al senso del mondo di quando Dio l’ha creato, quand’era cosa buona. «Non è possibile – si è chiesto il Vescovo – capire che il mistero di Dio può farci comprendere come possiamo vivere insieme con un po’ di pace?». Non sarebbe difficile, se sapessimo aprire il cuore davanti al presepe e accogliere il messaggio di Salvezza che Dio ci rivolge. E accettare di metterci a tavola con Gesù nell’Ultima Cena. «Perchè è quello il modo». Francesco, con il suo presepe, ha invitato a rileggere il senso della Nascita di Gesù: un evento che ferma il tempo e poi lo fa ripartire, diverso. Con tre nodi che sconvolgono le logiche umane.
LA MANGIATOIA Un segno: il bambino avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia. Un posto brutto e povero. «Ma il bambino è trattato da sua madre come un Re: non gli manca niente e può riposare tranquillo». Infatti Betlemme è un luogo regale per tradizione. Il tempo: gli Evangelisti dicono chiaramente che “oggi” è nato. Non accadrà più. E corrisponde esattamente a come era stato annunciato. «È l’assoluta libertà di Dio che lo fa accadere; non è disponibile all’uomo». E pur non essendo disponibile, «quel fatto intreccia la storia di Dio e quella degli uomini. E Dio vuole che quel Bambino sia accolto dagli uomini, come la Madonna lo ha accolto e deposto amorevolmente nella mangiatoia».
BETLEMME Un luogo. Betlemme, la città di Davide. Eppure così scomoda. «Dio – ha commentato mons. Gervasoni – lo si incontra dove ci sono gli ultimi. Dio rivela se stesso scegliendo gli ultimi». Betlemme, la mangiatoia, ricordano la condizione dei profeti, che chiedevano ad Israele di tornare all’Alleanza con Dio. E qui si ritrova il senso del presepe francescano, l’intenzione che la rievocazione fisica della Natività fosse il luogo della disponibilità umana a permettere al Regno di Dio di cambiare i nostri sentimenti, perché «in questo modo Dio ci accompagna, come una mamma che si prende cura del suo figlio».
Carlo Ramella