Viaggio in Parrocchia / Santi Giovanni e Pio, dove si mescolano aromi e colori

Quella dei Santi Giovanni e Pio a Vigevano è una moderna chiesa di periferia, eppure non sorge in un quartiere degradato.

don Massimo Fusari
don Massimo Fusari

PERIFERIA La stazione ferroviaria è a due passi, in fondo a via Bercleda, e la domenica i fedeli per parcheggiare l’auto hanno l’imbarazzo della scelta tra l’area del Comune accanto allo skate park, lo spiazzo dell’In’s Discount, il posteggio dell’ex Conad, le scuole Don Comelli in corso Brodolini e il polo sanitario in via Mascagni. Alle 10 c’è il catechismo, e verso le 11, ora della messa, nell’aria è tutto uno scampanio, dato che la zona confina con le chiese dei Frati e di Santa Cecilia in Sacro Cuore e di San Giuseppe al Cascame. Le tre campane bene in vista, donate insieme all’organo a canne, danno il meglio di sé. E dentro, il pavimento ha una lieve pendenza che porta in discesa verso l’altare, come a incoraggiare l’avvicinarsi al mistero eucaristico, centro della vita comunitaria. «In oratorio vengono tanti bambini da famiglie d’origine straniera: latino-americana, araba, di religione cristiano-ortodossa – spiega don Massimo Fusari, collaboratore del parroco don Stefano Targa, a capo dell’unità pastorale che comprende Sacro Cuore, Santi Giovanni e Pio, la Morsella e Fogliano – soprattutto per il Grest. E abbiamo il massimo rispetto per le norme alimentari di chi segue una religione che, come quella musulmana, non permette di mangiare carne di maiale».

La parrocchia è un punto di riferimento, una porta sempre aperta su un mondo che cambia. Qui si incontrano lingue diverse, volti di ogni colore, storie che vengono da lontano ma che si incrociano tutte sotto il campanile.

CAFFÈ E SPEZIE Ci sono famiglie italiane che vivono qui da generazioni e altre arrivate da poco, da Marocco, Egitto, Albania, Sud America, Romania. Alcune di loro non sono cristiane, eppure mandano i figli al Grest, perché sanno che qui saranno accolti, che qui potranno giocare, ridere e imparare qualcosa di nuovo. A separare la chiesa da un autolavaggio, una piccola roggia che arriva fino in via Rocca Vecchia. E poco lontano le case popolari di via Brigate Partigiane, con i balconi affacciati sulla vita della gente, panni stesi al vento, il profumo di caffè che si mescola a quello delle spezie esotiche. «Dopo Pasqua comincia un torneo di basket – racconta don Massimo – che dura fino a ottobre ed è un’istituzione per tutta la città. Ci sono ragazzi che vengono da famiglie con un buon vissuto religioso, ma questa è una parrocchia che vive sul territorio, vicino alla gente, e che dà a tutti la possibilità di frequentare l’ambiente oratoriano. Se dovessi formulare un augurio, direi che in questa società “fluida”, come l’ha definita papa Francesco, bisogna tenere sempre alta la speranza. L’attualità ci spiazza, ma siamo cristiani e dobbiamo avere la certezza che il Signore è sempre con noi». Quando il sole inizia a calare e i genitori tornano a prendere i figli, nel cortile della parrocchia resta un’eco di voci, corse, risate. Domani si ricomincia con nuovi giochi, nuove storie, amicizie che sbocciano come fiori in questa terra di confine, dove le differenze si mescolano fino a diventare una sola comunità.

“Ele“ e “Cico“: l’impegno e l’esempio

Domenico Urga ed Eleonora Riboni

Eleonora “Ele” Riboni, 18 anni, frequenta il liceo di scienze umane Cairoli e si occupa di coordinare catechisti e animatori. «Il mio coinvolgimento nella vita parrocchiale – racconta – è stato spontaneo, ma sono comunque stata spronata dalla famiglia, che frequentava la chiesa. Il don, vedendomi molto presa, mi ha chiesto di fare la coordinatrice. Stare con i bambini mi appaga, perché loro mi trasmettono tante belle emozioni. È uno scambio reciproco, quello che do mi torna sempre indietro. E quando sgrido qualcuno che non si comporta bene, i ragazzi imparano a capire l’errore e a cambiare atteggiamento. È impegnativo, ma il pattinaggio sportivo mi ha insegnato a non avere paura dell’ostacolo, e a gestire il tutto al meglio: se uno vuole, può fare di tutto».

Domenico “Cico” Urga, 62 anni, oltre a far parte del Consiglio per gli affari economici, è capitano della contrada Valle vincitrice del Palio 2024, cuoco in oratorio, e tra gli organizzatori del torneo estivo di basket: «Col tempo abbiamo perso di vista tanti bambini: negli anni ’70 le villette erano abitate da agenti del commissariato, adesso per il 90% sono extracomunitari i cui figli vengono qui per giocare, ma non frequentando il catechismo si integrano solo fino a un certo punto. C’è un gruppo di giovani dai 12 ai 25 anni, anche se sono non più di due per annata, ma c’è di buono che i più piccoli vedono i grandi che frequentano e ne seguono l’esempio. Il più è portare in chiesa le famiglie, che dopo la cresima spariscono».

Davide Zardo

Le ultime

Viaggio in Parrocchia / Dorno, tra fede e impegno civile

La chiesa parrocchiale di Dorno si erge in tutta...

“Operazione Primavera” al via

A partire da venerdì 2 maggio anche la città...

Lavoro, tra diritto e dignità umana

Il Giubileo dei lavoratori, in programma a Roma nei...

Papa Francesco, i funerali: «Ora prega tu per noi»

Papa Francesco, prega ora tu per noi. Un appello...

Login

spot_img