Don Giancarlo Vergano è parroco di Zeme dal 15 settembre 2021, dopo una lunga esperienza a Breme. Come si trova con i suoi parrocchiani? «Mi hanno accolto fin da subito con molto calore. Dal mio canto, io sento forte la vocazione di vivere appieno lo spirito del Vangelo nelle relazioni con loro ed essere un aiuto per costruire la comunità. Sotto questo profilo, cerco di trovarmi bene sempre e ovunque». Che comunità è quella di Zeme? «Viviamo tempi particolari, in cui la vita cristiana sta incontrando alcune difficoltà. La comunità di Zeme, come le altre, sta attraversando questi tempi di incertezza, di passaggio, tentando di reagire al meglio, facendo leva su quanto vissuto negli anni ma sempre orientata alla fede, alla speranza e alla carità. Ora è importante vivere il presente, senza ricordi e rimpianti, pronti a camminare insieme per potersi rinnovare».
I PREDECESSORI Anche nel solco di chi lo ha preceduto. «La testimonianza di preghiera e di esercizio del ministero pastorale, svolto con gioia e coerenza dai miei predecessori è un’eredità preziosa. Ogni comunità parrocchiale ha una sua vita spirituale che si arricchisce con l’apporto testimoniale dei sacerdoti che camminano con essa. Purtroppo spesso ci chiediamo, e d’altra parte, lo sappiamo e lo vediamo: che tipo di spiritualità c’è e viene proposta nelle nostre parrocchie?». Oggi invece ci si confronta con esigenze diverse: «Ho alle spalle una esperienza oltre ventennale di pastore, e rispondo con due domande: il “modello di parrocchia” che conosciamo oggi e che continuiamo a portare avanti raggiunge il suo obiettivo? Ma quale sarebbe? Abbiamo bisogno di riflettere su questo tema e di osare, come il nostro papa Francesco ci ricorda e senza dimenticare l’insegnamento del nostro vescovo Locatelli, ben consapevoli che abbiamo bisogno di fare un cammino anche per arrivare a uno stile comunitario nuovo, quello sinodale per il quale stiamo lavorando come parrocchia, seguendo il cammino diocesano. Ma il camminare insieme dev’essere condito dalla evangelizzazione e dalla formazione soprattutto esperienziale, oggi molto o quasi assente».
IL FUTURO Guardando al futuro,
Ai fedeli auguro quello che auguro anche a me stesso, di conoscere il Vangelo, di farne il proprio stile di vita e di ragionare secondo esso, perché è la verità della nostra vita. Auguro anche di diventare una parrocchia stile famiglia spirituale con tutto ciò che ne consegue.
Intanto l’oratorio è stato riaperto «a seguito di un mio desiderio accolto dai parrocchiani. L’edificio ha bisogno di interventi migliorativi per salvaguardare la sicurezza. E’ sì un luogo per l’oratorio, ma anche un centro pastorale per svolgere varie attività parrocchiali».
PORTE APERTE Attorno alla parrocchia fiorisce tutta la comunità, «ospitiamo qualsiasi gruppo che abbia bisogno di spazio per un incontro, come è stato nel caso della compagnia filodrammatica di Zeme, che aveva bisogno di fare le prove per il teatro. Sento però l’esigenza che ci sia una realtà che possa manifestare, come comunità, l’attenzione alle persone in difficoltà. Una comunità cristiana dovrebbe avere sempre il servizio della catechesi, della liturgia e della carità. Purtroppo i sacramenti sono in forte diminuzione anche per via delle poche nascite, ma non lasciamoci prendere dall’illusione secondo cui un’abbondanza sacramentale equivale ad essere comunità cristiana».
Ines Vago: «Al servizio di Dio e dei fratelli»
La parrocchia è importante anche per la crescita sociale di una comunità civile. Lo sostiene Ines Vago, 48 anni, segretaria parrocchiale, catechista, ministrante all’altare e ministro straordinario dell’eucaristia. «Sono rimasta vedova nel novembre 2023 – racconta Ines – e in questa occasione tutta la comunità di Zeme, a partire dal parroco don Giancarlo, mi è sempre stata molto vicina, aiutandomi a consolarmi e a sopportare il dolore. Non ho figli, lavoro come impiegata e vivo con mia suocera, prendendomi cura di lei, che ha bisogno di assistenza e conforto. Prima abitavamo in provincia di Varese, poi 23 anni fa ci siamo trasferiti a Zeme, dove ci siamo trovati bene e mi sono subito impegnata in parrocchia». Da cosa nasce questo impegno? Lo si può definire una passione? «Lo faccio perché credo in Dio, nella disponibilità verso i fratelli e nel mettersi in gioco per la comunità. Altrimenti la parrocchia si spegne e non c’è più una vera unione anche per tutto il resto del paese. La comunità parrocchiale significa condivisione e collaborazione, quindi una risorsa che fa crescere tutti, indistintamente».
Ma cosa le lascia, in contraccambio, questa attenzione nel mettersi al servizio degli altri, soprattutto dei più piccoli, come i bambini e i ragazzi che frequentano le lezioni di catechismo, o i più soli e malati, che non possono andare a messa e hanno la necessità di ricevere l’Eucaristia a casa?
Mi dà la serenità e la ricarica ogni giorno per credere di più nella mia fede in Dio, che va testimoniata attraverso l’amore per il prossimo.
Davide Zardo