Osservatorio 29-9 / Diocesi e anniversari

In Diocesi è tempo di anniversari, tempo per soffermarsi sulle esperienze di vita di alcuni personaggi particolarmente significativi per esprimere un ringraziamento, una riflessione e trarre uno spunto per il cammino futuro. Il Beato Matteo, il Vescovo Caramuel e il Vescovo Maurizio: figure lontane nella storia, differenti tra di loro, ma accomunate dalla aver servito il Vangelo e la comunità degli uomini in quella piccola porzione di mondo che è Vigevano. Difficile accostarle, compararle o provare a trovare collegamenti fra di loro; e forse non è nemmeno necessario.

Forse basta riconoscere una coincidenza di date che fa cadere l’ingresso di monsignor Gervasoni in diocesi nel giorno in cui si ricorda il patrono della città e la celebrazione del suo decennale in concomitanza con l’ anniversario di un illustre predecessore. Coincidenze storiche che però, per un credente, suonano sempre come una provocazione e un “colpo basso” di un disegno provvidenziale che non si può ignorare. In effetti qualche cosa in comune queste tre figure ce l’hanno, qualche cosa che va oltre la mera concordanza delle cronologie e dei luoghi ed è su questo che vale la pena fermarsi a riflettere. Vigevano teatro della storia, sfondo di vicende umane, sociali, politiche che, oggi come ieri, intersecano e si fanno permeare da quella fede cristiana, un tempo patrimonio assodato e ora un po’ in crisi, con la quale bene o male occorre fare i conti.

Sì perché la storia della città è anche la storia della comunità cristiana che in questa città vive, è l’insieme delle vite di uomini e donne, di peccatori di santi, di pastori che hanno segnato con le loro scelte e con le loro azioni la vita della “Polis “e non soltanto della “ekklesia”.

Uno sguardo alle tante storie di amore e odio, di scontro e di collaborazione tra la comunità civile e quella religiosa, richiama l’attualità di un Vangelo che ha qualche cosa da dire all’uomo di ogni tempo, non come una dottrina insegnata, ma come uno stile di vita che va al di là del Tempio e raggiunge la strada, i luoghi “dove la gente vive“. Matteo con il suo prodigarsi per riformare quelle situazioni di corruzione e di disonestà che vivevano i suoi concittadini, monsignor Caramuel con la sua volontà di rendere bella e accogliente non solo la “casa di Dio” ma la piazza dove gli uomini si incontrano e discutono e intessono relazioni, il Vescovo Maurizio con il suo dialogo costante, ricercato a volte tra incomprensioni, con il mondo laico e con le autorità politiche dicono che il cristiano non è “fuori dal mondo“ ma ben piantato in esso, come il seme nel campo o come la spina che deve far male per tenere sveglia una coscienza civile che tante volte rischia di addormentarsi.

Sì il cristiano vive nella storia e si mette al servizio della storia portando in essa un respiro che ha ricevuto e che vuole donare. “Fare memoria” è allora ancora una volta “osare”, andare al di là del proprio confine per innamorarsi di un’umanità, spesso confusa e lontana, per la quale vale ancora la pena donare la vita.

Dcc

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