Osservatorio 6-10 / Il dono del Palio

Il Palio delle contrade di Vigevano compie 42 anni. Nell’arco delle diverse edizioni ha attraversato pagine significative della storia cittadina e non solo, come ricordano l’edizione del 1987 non assegnata per il maltempo o quella del 2020 non disputata per la pandemia. Nel 1982, un anno dopo l’esordio in forma ridotta, l’allora direttore de L’Araldo Giancarlo Torti ne rivendicava l’invenzione – a partire da un’idea di mons. Stefano Cerri, a lungo parroco del “Beato Matteo” – sottolineando che si trattava di «un dono dei cattolici a Vigevano». Altra epoca: il vescovo, mons. Rossi, entrava in San Pietro Martire affiancato dal sindaco Santagostino, ultimo in quota Pci. Da allora la guerra fredda è finita, con essa se ne è andata la Prima Repubblica e anche la Seconda non gode di ottima salute.

Nel 2001 San Crispino e Crispiniano festeggiava la sua vittoria pochi giorni dopo l’attentato alle Torri Gemelle, nel 2011 sempre San Crispino dominava mentre si preparava il passaggio dall’ultimo governo Berlusconi al governo Monti, nel 2014 Costa chiudeva la sua serie di tre trionfi senza immaginare che per molti contradaioli l’occupazione della Crimea da parte della Russia sarebbe stata più determinante del gioco della carriola, nel 2019 Valle cingeva la sua decima corona prima che la parola diventasse prefisso di virus.

In tutto questo tempo il Palio ha saputo proseguire il suo percorso e intravede all’orizzonte il mezzo secolo di vita, tanto che può essere utile chiedersi quali saranno le sfide per i contradaioli da qui al 2031. E’ impossibile prevedere la storia, ma le scienze che si basano su tendenze di lungo periodo, come la demografia e la climatologia, affermano che saranno di meno e in una città schiacciata tra temporali estivi divenuti “cicloni con caratteristiche tropicali” e mesi di ottobre caldi. Ci saranno più anziani – per l’Istat l’età media in Italia salirà a 47.9 anni, più di uno su tre avrà oltre 65 anni, a Vigevano oggi è già uno su quattro – e più persone sole, con le “famiglie monocomponenti”, un ossimoro, che saranno più di un terzo del totale, e quelle con figli che saranno all’incirca un quarto. Come affronteranno questo scenario le dodici Contrade e chi ci sarà a portarne lo stendardo? E ci sarà qualche “Contrada” nuova?

Da quando è nato il Palio ha saputo coinvolgere sempre più il tessuto socio-culturale e socio-economico cittadino, nondimeno alcuni gruppi o comunità hanno sentito meno il richiamo dell’evento. Tra quelle storiche si possono citare le frazioni e il Gifra, che pure insiste intorno al convento dei frati cappuccini e quindi non è parrocchia né amministrativamente parte della Diocesi, avendo un percorso particolare, più di recente i principali gruppi di origine straniera che sono ormai radicati nelle trame della città, ma che in molti casi ne restano estranei rispetto alle tradizioni. Domani potrebbero restare fuori dal Castello proprio le persone sole. Se questa manifestazione è stata «un dono dei cattolici a Vigevano» a maggior ragione l’impegno sarà esserlo per la Vigevano di oggi, che non è più quella del 1981, e per quella di domani. In un momento in cui l’inclusione sociale rappresenta di nuovo una sfida per Vigevano proprio il Palio potrebbe raccogliere il guanto e fare un nuovo dono alla città.

Gds

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