Il terrorismo dei prossimi decenni potrebbe essere di matrice ambientale e unirsi a quello emergente di estrema destra, ma al momento è difficile immaginare un ritorno a organizzazioni come l’Eta o le Brigate Rosse. È lo scenario delineato da Matteo Re, professore associato all’Università Rey Juan Carlos di Madrid, vigevanese e autore del libro “Storia del terrorismo in Spagna: dall’Eta al Jihadismo” insieme a Gaizka Fernandez Soldevilla, responsabile dell’area scientifica del Centro memoriale per le vittime del terrorismo di Vitoria. Professore, innanzitutto è meglio parlare di “terrorismo” o di “terrorismi”, come fa Guido Olimpio nel suo “Atlante”?
«È corretto usare il termine al plurale per sottolineare anche le differenze tra le diverse forme di terrorismo. A livello storico sono state individuate quattro ondate diverse, la prima di matrice anarchica, tra la seconda parte dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, una anticoloniale e nazionalista, una di estrema sinistra e destra, e una legata all’intransigenza religiosa, ciascuna con caratteristiche peculiari al netto di alcuni tratti comuni»

Quali sono e che definizione si può dare di questo fenomeno?
«Dare una definizione di terrorismo è difficile. Due studiosi, Schmid e Longman, nel 1988 provarono a ricavarla dopo aver chiesto a un centinaio di esperti. Si tratta di un metodo che produce paura, ma questa è una caratteristica che lo accomuna alla criminalità organizzata, e in cui la vittima non sempre è importante – l’obiettivo può essere definito, un politico ad esempio, oppure casuale, come con le bombe in luoghi pubblici – mentre lo è sempre il messaggio, perché si tratta di un insieme di azioni violente premeditate eseguite da un’organizzazione clandestina il cui obiettivo è politico. Per questo, al contrario della criminalità organizzata, c’è quasi sempre una rivendicazione dell’attentato perché si desidera spiegare gli obiettivi e le motivazioni del gesto, con l’eccezione di quelli di matrice di estrema destra, che di solito non sono rivendicati»

Obiettivi e motivazioni che spesso mostrano un divario ampio tra le aspettative dei movimenti terroristici e la realtà del momento storico e sociale.
«I terroristi sono convinti di essere i veri rappresentanti di una parte del popolo. Stando all’indipendenza basca, per l’Eta questo era il desiderio della maggior parte dei baschi, a prescindere dal fatto che per molti non era così. Per gli etarras queste posizioni erano inconcepibili, chi la pensa così non è un vero basco e anche i brigatisti italiani ragionavano allo stesso modo, senza rendersi conto che alla fine degli anni ’70 le loro posizioni erano fuori della realtà e che l’Italia da loro immaginata non esisteva»
Al fondo credere di poter decidere chi deve morire e chi deve vivere rivela un atteggiamento nichilista che è tipico del terrorismo: il terrorista sa che può morire o essere arrestato e lo accetta
«Il nichilismo, il vittimismo, l’immolarsi sono elementi molto importanti e presenti soprattutto nel terrorismo di estrema destra»
Ma il terrorista lo è per scelta o per necessità?
«Come dicevo un terrorista uccide, ma può essere ucciso, può essere arrestato. È una scelta. L’Eta nella parte finale della sua attività ha faticato a trovare ragazzi disposti a essere uccisi o arrestati. Perché sì diventa terroristi? È un obbligo? No, in molti casi è un libero arbitrio, sono liberi di decidere come raggiungere obiettivi politici, se tramite la lotta politica o la violenza».
Si sente dire che la società ha spinto determinate persone alla violenza, ma la risposta è non tanto. Tante persone avevano una vita normalissima e hanno deciso di uccidere, ma i compagni di scuola, gli amici, i colleghi non hanno fatto la medesima scelta. Non vale solo per l’Eta
«La scelta è molto più forte in un’organizzazione terroristica rispetto alla criminalità organizzata, dove talvolta i rapporti familiari (si pensi alla ‘ndrangheta) hanno un peso rilevante. Con questo non si vuole negare un ruolo al contesto: è evidente che l’Eta, rispetto alle Br, ha avuto maggiore longevità grazie al nazionalismo e a una presenza territoriale importante, soprattutto nei piccoli paesi di un migliaio di abitanti o meno. Qui subentra la “spirale del silenzio” in cui chi non è della stessa idea dominante nel gruppo preferisce tacere, altrimenti il gruppo esclude e io non voglio essere escluso. In un ambiente radicalizzato magari non divento terrorista, ma è difficile far emergere un’opinione diversa e uscirne»

Perché per le vittime del terrorismo e per i familiari, in Italia come in Spagna, è difficile trovare ascolto e sostegno da parte delle istituzioni e della società?
«In Spagna si sta facendo molto di più rispetto all’Italia. C’è un centro memoriale a Vitoria, nel pieno dei Paesi Baschi, un altro sta aprendo a Madrid, l’11 marzo si celebra la giornata del ricordo delle vittime. In Italia la visibilità è minore, in libreria si trovano circa una quarantina di testi di ex terroristi, anche abbastanza monotoni, ma pubblicati da case editrici importanti; invece quelli dei familiari sono molti di meno e per lo più di persone note, come i figli di Moro, Calabresi o Tobagi, quelli dedicati a perfetti sconosciuti sono pochi. Io ho intervistato i familiari di due delle tre vittime italiane dell’attentato di Barcellona del 2017: per loro è impossibile spiegarsi perché sia morto proprio un loro caro. In generale chiedono giustizia, ma soprattutto la memoria e il ricordo. Anche per evitare che i giovani caschino in ideologie distorte»
La pandemia ha frenato il terrorismo in Occidente?
«Effettivamente c’è stata una diminuzione degli attentati, in altre aree del mondo come Medio Oriente, Nord Africa, Africa subsahariana, Corno d’Africa invece sono aumentati. Senza dubbio le restrizioni dovute alla pandemia hanno influito, di fatto non ci sono stati attentati dal 2020, soprattutto se si considera il jihadismo, anche perché in questo momento altre organizzazioni terroristiche non ce ne sono. Credo sia dovuto anche alla scomparsa dello Stato Islamico, che perdendo l’integrità territoriale ha visto ridursi anche l’attività in Europa. Oggi sta cambiando anche l’ispirazione ideologica del terrorismo, cresce una forma identitaria di estrema destra, in connessione ai movimenti “No-vax”, che in Italia per ora non è presente»
Qual è il futuro del terrorismo in Italia e in Occidente?
«Organizzazioni come Eta e Br penso che siano finite e non torneranno, viceversa il terrorismo jihadista non è finito, anche se in Occidente è diminuito (ma non altrove)»
Secondo me un possibile tipo di nuovo terrorismo potrebbe essere collegato all’ambiente. Non oggi e forse neppure domani, ma potrebbe essere una forma di terrorismo che non abbiamo mai conosciuto nelle quattro ondate principali
«Non bisogna dimenticare poi il cyberterrorismo, che consente di minacciare aziende e stati interi. Qualche anno fa in una cittadina francese per qualche ora si interruppe la linea telefonica e alcune persone morirono perché non riuscirono a chiamare l’emergenza sanitaria: chi controlla le reti può uccidere».
Giuseppe Del Signore