Frascarolo, una rotonda per Andrea

Un uomo che ha voluto ricordare non solo il figlio, ma tutte le vittime della strada. È Francesco Paraporti, padre di Andrea, morto a 17 anni nel 1991 mentre viaggiava in moto nell’incrocio tra Frascarolo e la strada per il ponte di Valenza.

Un punto pericoloso, spesso teatro di incidenti mortali, ora finalmente diventato una rotatoria in sicurezza grazie a un progetto finanziato dalla Provincia di Pavia e dalla Regione Lombardia, redatto dall’ingegnere Massimiliano Koch e presentato dall’associazione “Ricordando Andrea”, presieduta da Francesco Paraporti. L’inaugurazione è avvenuta nella mattinata di sabato 13 novembre, col nastro idealmente tagliato, insieme a Paraporti, dal presidente della Provincia, Vittorio Poma, e dal sindaco di Frascarolo, Giovanni Rota.

Fondamentale, oltre il suo, anche il supporto dei colleghi di Mede, Giorgio Guardamagna, e di Torre Beretti, Marco Broveglio, per un progetto che nel maggio 2020 è stato reso esecutivo grazie a un bando provinciale del 2019. «Potevamo scegliere tra una ventina di interventi – ha spiegato Vittorio Poma – ma abbiamo preferito questo. Sono qui a completamento del mio mandato, e in quest’opera voglio veder realizzato un impegno. Non è solo il taglio di un nastro, ma l’occasione per riflettere sul fatto che il ricordo e la memoria hanno una forza intrinseca che contaglia le persone e le spinge ad agire. Anch’io ho perso degli amici in incidenti stradali, e ammiro Francesco Paraporti per aver trasformato il dolore in energia positiva, attiva. L’idea di non rassegnarsi rappresenta il trionfo dell’ottimismo della volontà sul pessimismo della ragione».

Così il padre di Andrea: «Nonostante il tempo uggioso, oggi è una bella giornata. Non inauguriamo una semplice opera pubblica, magari inutile: questa ha un valore aggiunto. L’associazione ha avuto un ruolo di agitatore sociale, ma non solo di rappresentanza: ci ha messo qualcosa in più, di emozionale. Vogliamo ricordare Andrea così com’era, pensare che è ancora vivo, ci guarda, ci ascolta, e come allora sorride».

Davide Zardo

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