Osservatorio 15-05 / Conversioni

Non vogliamo certo addentrarci nella vicenda che ha coinvolto Silvia Romano e tutte le polemiche che ne sono scaturite. Rispettiamo la persona, la sua famiglia e questo “momento” della sua vita che indubbiamente l’avrà segnata.

Questa vicenda però ha fatto venire alla luce un concetto che sempre più emerge nella vita di molte persone e nelle loro scelte di carattere spirituale o culturale.

Silvia, come tanti altri che hanno fatto la sua esperienza, ha annunciato e soprattutto testimoniato la sua “conversione”. Nel suo caso una conversione alla religione islamica, però sempre più sentiamo di “conversioni”, anche da parte di personaggi famosi, anche ad altre religioni, come il Buddismo o le religioni orientali, l’Ebraismo o a scelte di vita particolari.

Ecco, la “conversione”, da prendere con le pinze quando si tratta di ambiti di fede e di scelte religiose, perché dobbiamo chiarire un concetto importante:

la fede non è semplicemente una “scelta”, ma è un “dono”

Occorre infatti partire dal concetto che l’idea di Dio è in ogni persona, da sempre, in un modo o nell’altro e ogni persona è “chiamata” nel suo intimo dal Dio comunque “incarnato”, in quanto appartiene alle sue radici di vita, all’ambito culturale e sociale in cui questa persona vive, alle vicende della sua storia.

Per questo l’uomo è “religioso” fin dalla nascita e la sua “religiosità” si sviluppa e cresce attraverso i diversi percorsi “incarnati” della sua esistenza.

Parlare troppo spesso di “conversione”, come oggi sempre più frequentemente accade, rischia di invertire l’idea di religiosità, ipotizzando la religione come una “scelta” che fa l’uomo.

Oggi, sappiamo, l’intrecciarsi di culture, la comunicazione a tutto campo, gli spostamenti delle persone, inevitabilmente portano a conoscere culture, usanze diverse e quindi anche modalità di fede. Un “rischio” che può portare il concetto di fede come una delle tante scelte che fa l’uomo, quasi come ci fossero dei “pacchetti di vita” su uno scaffale e uno lo sceglie.

Un murales realizzato dall’artista Eduardo Kobra a San Paolo, Brasile con le principali religioni in preghiera

Un rischio pericoloso, in quanto la «religione come mi piace» indubbiamente non favorirebbe la crescita umana e culturale della persona, ma semplicemente confermerebbe il progetto più comodo di quella persona.

La vera “conversione” (non per essere di parte) è quella predicata da Gesù, quando parla della “conversione del cuore”, che porta al miglioramento e alla perfezione della propria vita e vale per tutte le religioni.

Un Buddista, un Mussulmano, un Cristiano, un Ebreo…ciascuno si realizza se avrà sempre l’anelito della “conversione” del proprio cuore, che non è facile, ma la più vera.

Dire semplicemente “mi sono convertito a….”, ammettiamolo, è troppo banale, con buona pace di Silvia o di chiunque altro!

Dep

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