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Disagio giovanile e violenza, discriminazione di genere. A scuola? A scuola. E la situazione è allarmante. Lo conferma Matteo Loria, dirigente di Caramuel, Castoldi e Roncalli nonché delegato regionale dell’Associazione nazionale presidi: «Alla voce disagio registro un netto peggioramento della situazione dopo l’esperienza della didattica a distanza».
PRESENTI ASSENTI I ragazzi «presentano manifestazioni come attacchi di panico, gesti autolesionistici, problemi nel comportamento alimentare, dipendenza dall’uso del cellulare tenuto acceso fino a tarda notte, un uso che interferisce con l’attenzione degli studenti nelle ore di scuola: spesso sono “assenti” o si addormentano, ce lo conferma la psicologa di istituto a seguito dei colloqui che ha con i giovani». Quanto a violenza e discriminazione «non ne registro, stiamo lavorando su incontri che accrescano la consapevolezza di sé» che sembrano funzionare anche sul piano della didattica. Il bullismo e le varie forme di prevaricazione possono anche non essere legate alla scuola, riflette Elda Frojo, dirigente del Casale, dove invece dove invece si insinua una sorta di pratica a metà strada tar il body-shaming e il pettegolezzo sui social:
«E’ difficile far capire ai ragazzi che possono avere dei problemi sia loro sia le loro “vittime”. Non vanno lasciati soli, bisogna trovare luoghi dove possano inserirsi e grazie ai percorsi di mentoring nelle scuole possiamo avere un adulto di riferimento».
Sono percorsi in cui gli studenti sono seguiti da un docente in rapporto 1:1.
PANICO Alla Fondazione Roncalli sono 220 in tutto gli studenti, secondo la responsabile Lucilla Calloni
«la percentuale di disagio è al 10% e fa riflettere: ci sono ragazzi che sono incostanti, vengono alle lezioni, poi si perdono, non li vediamo più. Abbiamo registrato situazioni nelle quali le crisi legate agli attacchi di panico sono state davvero incredibili, mai visto nulla di simile: lo stesso vale per i gesti di autolesionismo. I ragazzi che palesano questi disagi vengono inviati allo sportello ascolto o alla psichiatria. Siamo soli nella gestione di queste situazioni».
«Il tema è complesso e la scuola ha gli strumenti intervenire – concorda Pietro Chierichetti, responsabile dell’istituto comprensivo di via Anna Botto – Qui abbiamo attivato uno sportello psicologico, esteso anche alle primarie, per colloqui che rappresentano un altro modo di intercettare il problema. É in atto anche una convenzione con Aias di Vigevano per un’azione formativa nei confronti dei “bulli”».
CONSEGUENZE La violenza in ambito scolastico può avere conseguenze devastanti per le vittime: nei giovani si instaura un clima di ansie, paure, insicurezze, il che comporta l’astenersi dalle lezioni quotidiane. «Accade spesso che gli studenti usino la violenza in momenti in cui non sono sorvegliati dal personale scolastico – racconta Stefania Pigorini, dirigente dell’Omodeo e reggente del Pollini di Mortara – e lo strumento che più si utilizza per arrivare a essa è il telefono». Nelle scuole secondarie i ragazzi sono in un’età di «crescita e di trasformazioni e dunque ci sono situazioni da monitorare», queste le parole di Gabriele Sonzogni, dirigente dell’Ic Robecchi di Gambolò. Compito dei dirigenti scolastici è anche sanzionare chi vi ricorre: «Quando ci sono stati atti di violenza gravi il consiglio di classe si riunisce e si punisce con la sospensione», spiegano entrambi, la quale, sottolinea Pigorini,
«può sempre, su richiesta della famiglia, essere convertita in atti di volontariato o attività a favore della comunità scolastica».
Secondo Sonzogni «la scuola ha una fondamentale importanza non solo a livello di istruzione, ma anche nell’educazione emotiva dei ragazzi».
Isabella Giardini
(hanno collaborato Dz, Gb)