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L’economia mondiale e di riflesso quella italiana e locale affrontano una fase di transizione nella quale emergono segnali contrastanti tra ripartenza, stagnazione e recessione. Dove si fermerà l’ago del barometro per l’Italia è impossibile da prevedere e dipenderà da fattori di contesto macro – il costo dell’energia, la nuova fase della guerra commerciale già avviata dagli Stati Uniti, l’instabilità geopolitica, la crisi tedesca, le scelte di politica monetaria – e dalla capacità delle aziende nazionali e del territorio di interpretarli dopo un 2024 che, nei numeri di Assolombarda, per la provincia di Pavia è stato a crescita zero.
QUALCHE NUMERO Secondo l’ultima Nota Istat sull’andamento dell’economia, le prospettive per il 2025 «si confermano positive, con una riduzione dei differenziali di crescita tra Usa e area euro» anche se «permane un’elevata incertezza» e soprattutto il divario resta ampio: se gli Stati Uniti hanno chiuso il 2024 con un +2.8% e per il 2025 la previsione è +2.4% – per la Cina +4.9% e +4.7% – l’Eurozona dovrebbe passare da +0.8% a +1.3%. Una rincorsa su cui può pesare il rallentamento dell’ultimo trimestre del 2024, che è stato a crescita zero rispetto al precedente (+0.1%, ma in Italia 0% come nel terzo trimestre, in Germania -0.2%, in Francia -0.1%), e una risalita dell’inflazione, che a gennaio è al 2.5%, col dato italiano più basso rispetto a quello europeo (nel 2023 il tasso medio annuo era stato +5.7%, il 2024 ha chiuso con un +1%).
Sull’andamento dell’inflazione a livello internazionale – scrive Istat – pesa la volatilità delle quotazioni delle materie prime energetiche.
CONGIUNTURA LOMBARDA L’insieme dei fattori ha portato l’associazione degli industriali della Lombardia a rivedere al ribasso le previsioni che erano state fatte per il 2024 (+0.5% il dato finale) e al rialzo quelle per il 2025, in cui ci si attende un +1.1% (+0.7% per l’Italia nel complesso). Il risultato dell’anno chiuso è dipeso dal «mancato traino dei mercati esteri» e «rispecchia un contesto di debolezza della domanda domestica e globale» perché, nonostante «il deciso calo dell’inflazione (scesa al +0.8% nel 2024 a livello regionale), le famiglie hanno mostrato una forte propensione al risparmio», mentre le esportazioni lombarde «nei primi nove mesi del 2024 sono calate dello 0.5%». L’ipotesi di Assolombarda è che nel 2025 sarà il primo asse, quello dei consumi, a guidare la ripartenza, anche perché all’estero i segnali che arrivano dalla Germania – cui l’economia italiana e soprattutto quella lombarda sono strettamente connesse – «vedono un magro rimbalzo». Non è casuale allora che il settore regionale in maggiore sofferenza sia quello dell’industria (valore aggiunto -2.2%, calo che «proseguirà anche nel 2025»); così
il Pil lombardo è stato quindi trainato dai servizi, in crescita nel 2024 dell’1,1% e previsti rafforzarsi ulteriormente nel 2025. Questa fase positiva accomunerà sia i servizi alle imprese, spinti dall’ICT, sia i servizi ai privati, con un una ripresa del commercio.
Scendendo a livello delle singole aree, se Milano ha chiuso il 2024 con +0.4% e si affaccia al 2025 con una previsione di +1.2%, Monza Brianza con +0.2% e +1.0%, Lodi con +1.8% e +1.7%, il ruolo di cenerentola spetta a Pavia: al palo negli ultimi dodici mesi, l’aspettativa per i prossimi dodici è di +0.6%. «Anche in questa provincia – si legge nel “Booklet Economia” – la tenuta dei servizi, in special modo quelli alle imprese, ha controbilanciato la stagnazione della manifattura, retta solo parzialmente dalle esportazioni (+3.8% tendenziale nei primi nove mesi del 2024). A questo quadro si aggiunge un contributo negativo dalle costruzioni». Edilizia che, segnala Istat, è uno degli ambiti in cui a livello nazionale si ha una ripartenza, +5.8% confrontando primi dieci mesi di 2023 e 2024, determinato soprattutto dalle case, i cui prezzi sono in crescita dello 0.8% (+2.2% per le nuove, +0.6% per le esistenti).
IL CONTESTO E I RISCHI Ma è all’estero che guarda soprattutto l’Italia, paese esportatore per vocazione. Nel 2024 l’export è stato in calo – soprattutto tessile, abbigliamento, metalli, macchinari, mezzi di trasporto, rimbalzo positivo per le altre manifatture – ma nonostante questo «l’andamento degli scambi ha determinato un miglioramento del saldo commerciale», che nel periodo gennaio-ottobre è superiore a 45 miliardi di euro rispetto ai +24.6 del periodo analogo del 2023. Cosa porterà il 2025? Dipenderà soprattutto dalla nuova fase della politica dei dazi inaugurata da Trump (e che segue quella introdotta durante la sua prima presidenza e, prima ancora, da Obama con il “Pivot to Asia” per contenere la Cina); al momento gli Stati Uniti sono tra i paesi con il livello più basso (media 3.3%), con l’Ue al 5% e la Cina al 7.5%. Se si tratterà di un’introduzione graduale e al di sotto del 10% allora l’Ue potrebbe tentare di resistere negoziando tariffe più vantaggiose rispetto a quelle di altri paesi (su tutti la Cina, che del resto già nel 2018-2019 pesava per 350 miliardi di dollari su 380 di merci sottoposte a dazio), con una flessione dell’economia a stelle e strisce che potrebbe favorire la rincorsa dell’Eurozona e stimolare la “sburocratizzazione” che il mondo industriale – anche italiano – chiede da tempo. I timori comunque sono ben solidi e anche per questo la presidente von Der Leyen ha ammonito che «non ci sono vincitori in una guerra commerciale». Del resto l’export europeo verso gli Stati Uniti pesa per il 19.7% del totale e vede in prima fila Germania (quarto paese per interscambio), Irlanda e Italia (tredicesimo). Il Belpaese esporta circa 67 miliardi di merci e ne importa circa 25, con un attivo di circa 42 miliardi frutto soprattutto per i comparti macchinari (12.3 miliardi nel 2023), automotive e mezzi di trasporto (11.8), farmaceutico (8), agricoltura (nel 2023 4 miliardi), mentre importa materie prime minerarie (7.1), farmaci e affini (4.3), macchinari (1.9), mezzi di trasporto (1.9), prodotti chimici (1.7) computer ed elettronica (1.4).
Giuseppe Del Signore