Giovani fuori / Lavoro, diritti, ambiente: il programma della generazione Z

Il lavoro al primo posto, all’ultimo reddito di cittadinanza, legalizzazione degli stupefacenti e rivoluzione tecnologica. L’Araldo ha intervistato i giovani tra i 18 e i 34 anni di Vigevano e della Lomellina e dalle loro risposte emerge un’agenda politica abbastanza chiara,

che vede come temi prioritari occupazione, diritti civili, ambiente e come timori principali di nuovo quelli legati al lavoro e al cambiamento climatico.

Se le idee non mancano, invece meno forte è la spinta alla partecipazione attiva alla vita civile, politica, culturale, un tratto che appare del resto intergenerazionale, mentre l’esercizio del diritto di voto è diffuso.

IL CAMPIONE L’indagine ha coinvolto in tutto 151 under35, di cui il 51% tra i 18 e i 22 anni, il 31.8% tra i 23 e i 28, il 17.2% tra i 29 e i 34, per il 58.9% donne, il 40.4% uomini e lo 0.7% “altro genere”. Si tratta di un gruppo che non ha un valore statistico – nella sola Vigevano l’Istat censisce 8883 persone nella fascia d’età considerata, senza contare che è più facile che a rispondere sia chi ha interesse a partecipare al dibattito pubblico – ma che può dare una chiave di lettura per delineare gli elementi essenziali di un’agenda “giovani”. Ad aver risposto sono stati soprattutto studenti – il 33.1% delle superiori, il 34.4% universitari – ma anche dipendenti (38.4%) e in misura minore soggetti con contratto irregolare (6.6%), stagisti (5.3%), liberi professionisti (4%); quasi tutti sono di cittadinanza italiana (95.4%) e vivono sul territorio (72.2%).

PROGRAMMA L’argomento che più sta a cuore è il lavoro, ritenuto “fondamentale” dal 55.6% degli intervistati e “molto importante” dal 35.1%.

Se si chiede di mettere in ordine i temi, sul secondo gradino del podio si trovano i diritti civili (per il 54.9% tema fondamentale, per il 35.1% molto significativo), e sul terzo l’ambiente (39.7% e 32.5%),

seguiti da sicurezza, relazioni internazionali (ambito in cui rientra la coesistenza pacifica tra le nazioni), la partecipazione politica, il declino demografico e la rivoluzione tecnologica. Tra le priorità non rientrano la legalizzazione degli stupefacenti e il reddito di cittadinanza, di nessuno rilevanza per il 16.6% e il 14.6% del campione.

LE PAURE Rovesciando il punto di vista e mettendo al centro non ciò che si ritiene determinante, ma ciò che preoccupa di più, si conferma il primato dell’ambito lavorativo – insieme all’incertezza su trovare un’occupazione, trovarne uno soddisfacente e avere un reddito adeguato e di conseguenza al rischio di essere povero – seguito dall’ambiente, con il cambiamento climatico che spaventa il 72.2% degli intervistati, l’inquinamento il 66.2% e la siccità il 64.2%, e dalla violenza di genere, che preoccupa “moltissimo” il 43.7%, il dato più alto per questo indicatore, che fa il paio con il 54.3% che manifesta apprensione per la discriminazione di genere e il 53% per il girare da solo di sera. Viceversa non suscita particolare allarme essere a contatto con la diversità (“per nulla” è la risposta nel 40.4% dei casi), formare una famiglia tardi (25.8%), vivere all’estero (25.2%). Un discorso a parte merita la genitorialità: se il declino demografico è all’ultimo, penultimo o terzultimo posto per importanza per il 63.6% e non avere figli non allarma un quinto del totale, allo stesso tempo il 42.3% è preoccupato “molto” o “moltissimo” da questa eventualità, segno che il tema non è percepito nella sua rilevanza per la collettività, ma ha un ruolo non secondario nella sfera delle aspirazioni personali.

PARTECIPAZIONE Quel che è certo invece è che i giovani non si sentono ascoltati (70.9%), non trovano uno spazio in cui esprimersi (58.3%) e ritengono di non saper esprimere ciò che pensano (37.7%), tre aspetti che dovrebbero suscitare qualche interrogativo in chiunque abbia l’obiettivo di coinvolgerli nella vita civile, politica e culturale tanto a livello locale quanto a livello nazionale. Non stupisce dunque che il 35.8% precisi di non essere iscritto a un’associazione e di non essere interessato a farlo, anche se il 36.4% fa parte di uno o più gruppi, che il 49.1% non faccia volontariato – ma il 21.9% lo ha fatto in passato – a fronte di un 17.2% che lo fa abitualmente e di un 15.9% che lo fa ogni tanto (almeno una volta al mese), e che il 61% non abbia mai partecipato a manifestazioni o proteste, anche se solo il 30.5% si dichiara non interessato a farlo in futuro. Rispetto al 7.3% di chi lo ha fatto nell’ultimo anno e al 31.8% di chi lo ha fatto in passato, si è trattato soprattutto di eventi legati a cambiamento climatico – l’argomento più gettonato – discriminazioni, lavoro e vita scolastica. La partecipazione attiva non è popolare, del resto è netta la condanna delle azioni dimostrative più forti, come bloccare il traffico, imbrattare monumenti o opere d’arte e usare tecniche quali il “name and shame”: per il 66.2% è la risposta sbagliata a un problema giusto, per il 41.7% non sono giustificabili, per il 41.1% hanno un effetto negativo perché creano contrasti, per il 31.1% potrebbero diventare forme di violenza, che l’83.4% ritiene non essere mai accettabile a fronte di un 9.3% che la ritiene uno sviluppo inevitabile perché troppe persone non trovano ascolto, di un 5.3% per cui può essere una strategia per essere ascoltati e di un 3.3% per cui è l’unica strada rimasta per esserlo ovvero più di un sesto che la vede all’orizzonte.

ALLE URNE Questo nonostante non manchi l’esercizio del diritto di voto, che l’84.1% sente come un dovere: il 41.7% afferma di aver sempre votato da quando ha compiuto 18 anni, il 30.5% di essersi presentato ai seggi almeno nove volte su dieci, il 14.6% almeno la metà delle volte e solo il 9.3% mai e il 2% quasi mai. Il picco della partecipazione è stato al referendum per la riduzione del numero dei parlamentari (87.1% di quanti erano già maggiorenni all’epoca), seguito dalle politiche del 2022 (85.9%), dalle comunali del 2020 (80.8%), mentre le regionali di febbraio hanno registrato il minimo di affluenza (60.4%). Rispetto all’appartenenza, il 25.8% si sente più vicino al Pd, il 12.6% a FdI, l’11.3% a Verdi – Si, il 9.9% ad Azione – Iv, il 7.3% al M5S, il 6% a Fi, il 2.6% a “Noi moderati” e +Europa, il 2% alla Lega, il 14.6% da nessuno.

Giuseppe Del Signore

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