Giubileo a Vigevano: il crocifisso vera Porta Santa per arrivare a Dio

Una folta processione da San Pietro martire al Duomo attraverso via del Popolo, tra le luci di una città immersa nell’atmosfera natalizia, drappelli di cittadini, visitatori, turisti, con la musica della pista di ghiaccio nel vicino cortile del Castello sovrastata dal coro delle litanie dei santi.

TESTIMONIANZA É la testimonianza della comunità cristiana per l’apertura del giubileo nella diocesi di Vigevano, domenica 29 dicembre, festa della Sacra Famiglia. Una famiglia rappresentata da genitori e nonni con i bambini in braccio, e ricordata con l’episodio di Gesù smarrito nel tempio, grazie alla lettura dal Vangelo di Luca. Una famiglia come quella più allargata della Chiesa, che si è stretta intorno al vescovo, monsignor Maurizio Gervasoni, davanti al grande crocifisso in cattedrale, vera porta santa da attraversare per arrivare a Dio. «La croce è resurrezione per la redenzione dai peccati – ha detto il Vescovo nell’omelia – e diventa testimonianza di fede in ogni ambito della vita. Ci sono cristiani che fanno i sindaci, che prestano servizio nelle forze dell’ordine, che sono papà e mamme, figli, operai e lavoratori».

Con la testimonianza siamo sale e lievito per il mondo.

IL SENSO DI COLPA Monsignor Gervasoni ha poi portato l’attenzione sulle tre “P”: «Perdono, pentimento, penitenza. Di queste cose noi abbiamo una conoscenza approssimativa e che in passato ha attraversato la storia in modo pesante. Tutta la vita cristiana era basata sulla penitenza e sulla paura dell’inferno. Questo clima non c’è più, tanto che abbiamo smarrito il senso profondo di colpa. Ma anche il compito della penitenza che attraversa ognuno di noi, e non solo quando ci si confessa. Questa condizione è la certezza che ci porta nel cammino della speranza che fa di noi peccatori i comunicatori della salvezza data da Dio». Missionari del Vangelo con un grande compito e una grande speranza, dunque. «Vorrei invitarvi a cogliere di questo cammino giubilare un aspetto che sottolinea il tema della speranza ma che riporta questo cammino di speranza al tema specifico che è l’indulgenza. La bolla pontificia non approfondisce questo tema ma lo da per scontato: ecco, io vorrei soffermarvi con voi su questo aspetto. Pensiamo al senso di colpa: di fronte alla notizia di un delitto siamo pronti a sparare giudizi sul colpevole, quando non siamo stati noi. Ma quando i responsabili siamo noi va tutto bene, abbiamo mille scuse e giustificazioni».

RICONOSCERSI PECCATORI L’indulgenza punta sul fatto che ci si riconosca peccatori. «Per venirne fuori occorre un amore più grande – ha proseguito il Vescovo – nella fragilità di rendersi conto che siamo tutti accomunati: ed è la parola della croce che ci fa capire che noi camminiamo verso la porta del Signore, il quale ci viene incontro e ci abbraccia come il padre misericordioso. La speranza cristiana è tornare a fare festa come il padre che ritrova il figlio perduto». Conoscere il male significa sperimentare il suo destino di morte: «Sappiamo che è un male ma lo vogliamo lo stesso: pensiamo alla guerra, che presuppone il fatto che uno abbia ragione e l’altro torto. Ecco, bisogna eliminare chi ha torto. Invece tutte le guerre ci fanno capire che cattiveria e odio portano alla morte e il peccato trascina con sé la consapevolezza del peccato. La nostra volontà è stata ingannata dal peccato. Viviamo il giubileo da penitenti ricchi di speranza non con il gusto di soffrire ma con la consapevolezza che la parola di Dio ci salva dalla nostra presunzione. E così si potrà sorridere aiutando gli altri a uscire dalla fragilità. Questo diventi il nostro stile di vita, col quale vogliamo trascorrere questo anno giubilare».

Davide Zardo

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