«Il Beato Matteo e la sua umanità bella»

Cosa vuol dire venerare il Beato Matteo? É la domanda che ha concluso la riflessione che il vescovo Maurizio Gervasoni ha proposto nell’omelia pronunciata nel corso del solenne pontificale in onore del protettore della città che è stato celebrato domenica mattina nella chiesa di San Pietro Martire.
La domanda, che interroga la città sul senso di una festa intorno alla quale ruota un momento importante della vita vigevanese, mentre ha gettato un ponte tra passato e presente, tra l’esperienza del Beato Matteo e quella del credente di oggi, si è mossa attraverso la meditazione delle letture che la liturgia poco prima aveva proposto alla comunità. Il loro cuore era dato dal passo evangelico nel quale si racconta del giovane che, presentatosi a Gesù, gli chiese cosa doveva fare “per avere in eredità la vita eterna”.
Come si svolse il dialogo, intenso e significativo, tra i due è noto. Nello sguardo di Gesù, pieno di stupore per il desiderio del giovane, il vescovo ha evidenziato il primo grande interrogativo per ciascuno di noi. «Ma noi – ha detto mons. Gervasoni – come ci troviamo su questa cosa?». Abbiamo davvero questo desiderio di perfezione evangelica? Fermo restando che ci si intenda bene su cosa significa quel “fare” che sta nella frase del giovane.
E già si evidenzia lo sconcerto: del giovane e, addirittura, anche dei discepoli di Gesù. Perchè Gesù dice di lasciare tutto e seguirlo. Una decisione forte, impegnativa, difficile da prendere e da realizzare. Eppure dietro la proposta c’è il disegnò di Dio per «una umanità bella». La difficoltà viene dal fatto che quel “lasciare tutto e seguirlo” va contro le logiche umane. Per questo la perplessità. Ma, dice loro Gesù, è «impossibile agli uomini, ma possibile a Dio».
Il Beato Matteo fu come il giovane del racconto evangelico. Pose la stessa domanda, ma accettò la scommessa.

«Il Beato Matteo è come il giovane ricco, ma ha avuto il coraggio di seguire Gesù. Lo ha fatto nel carisma domenicano. Pregai e mi fu elargita la grazia, abbiamo sentito proclamare nella prima lettura. E il Beato Matteo ha colto l’annuncio della Parola di Dio come Sapienza che dà la vita, la salvezza; ha fatto voto di povertà, lui che era ricco, di obbedienza ed anche di castità».

«Il Beato Matteo – ha commentato mons. Gervasoni – è uno che ha preso Gesù sul serio», cioè una persona che ha realizzato quello che nel Salmo responsoriale aveva chiesto a Dio: Saziaci Signore con il tuo amore, gioiremo per sempre.
Il secondo interrogativo del percorso proposto dal Vescovo: noi siamo convinti di essere sazi dell’amore di Dio? Perchè la nostra logica va in tutt’altra direzione e desidera forse ben altro. Quel “fare” della domanda proposta a Gesù dal giovane ricco intende spesso, nel nostro modo di ragionare, la precisazione di investimenti da attuare per avere il massimo guadagno? Ma è quello che intende Dio? «Gesù – ha chiarito il Vescovo – dice chiaramente che solo Dio è buono: stai con lui e vedrai che otterrai. Ed è proprio quello che ha fatto il Beato Matteo, ha fatto esattamente così».
É a questo punto allora che mons. Gervasoni si è chiesto cosa vuol dire venerare il Beato Matteo, lanciando un richiamo alla riflessione.

«La tradizione di devozione al Beato Matteo è molto bella, però, se si guardano gli annali, qualche volta si ha la sensazione che è stata una devozione prevalentemente fatta di pratiche religiose di richiesta di protezione perché ci venga del bene. Ma se queste devozioni non ci cambiano la vita…».

Mons. Gervasoni ha specificato che «la devozione vera è quella che ci fa uscire da qui a testa bassa, con la domanda: ma cosa ci sta chiedendo il Signore?». É come chiedersi «che cosa ha fatto davvero il Beato Matteo per essere il patrono di questa città? Cosa vuole da me il Signore, perchè io sia come il Beato Matteo?».
Allora si comprende la differenza tra una devozione che rischia di rimanere superficiale, pur essendo bella, e la devozione che incide sulla realtà delle persone. «La devozione – ha proseguito il Vescovo – ci deve mettere in difficoltà, perchè la Parola di Dio scorre nel profondo».
Proprio la risposta di Gesù a Pietro, che gli obiettava: ma ti abbiamo seguito, cosa guadagnamo? «Il centuplo e la persecuzione, perchè Gesù non dà prestazioni, chiede di accompagnarlo verso la morte, in un atto di amore più grande del male». I santi lo hanno seguito in questo, hanno scommesso la vita e i loro seguaci hanno scoperto che “era proprio bello”. «E paradossalmente – ha sottolineato il Vescovo – hanno avuto una vita di relazione, di vicinanza, di profondità altissima. Noi invece, che vogliamo guadagnare tutto, abbiamo divisioni, menzogne, violenza, stress». Il Signore chiede a ciascuno di noi di fare come il Beato Matteo. «Sono convinto – ha concluso mons. Gervasoni – che nel profondo del cuore gli diciamo di sì».

Carlo Ramella

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