Lavoro / In Provincia di Pavia aumenta la disoccupazione

In provincia di Pavia ci sono meno occupati e più disoccupati rispetto al resto della Lombardia.

Nell’ultimo trimestre del 2022 Istat ha certificato un tasso di occupazione del 66.8% (68.2% regionale) tra chi ha tra i 15 e i 64 anni a fronte di una percentuale di inattivi del 28.9% (28.3%) e di un tasso di disoccupazione tra la popolazione generale del 5.9% (4.9%).

Nel primo semestre del 2022 i Servizi per l’impiego della Provincia riportavano oltre 60mila disoccupati iscritti, per lo più donne (53.7%) e over50 (41.5%), di cui quasi 22mila afferenti al Centro di Vigevano, il 36% del totale. Nell’intervallo aprile-giugno dello scorso anno gli avviamenti hanno riguardato soprattutto italiani (75.2%) e sono stati 14381 (+8.1% rispetto allo stesso periodo del 2021) – 4430 nell’area coperta dallo sportello di Vigevano – per lo più con contratti a tempo determinato (63.7% contro 24.8% indeterminato) e full time (67.9%), mentre le cessazioni sono risultate 16442 (+16.7% dallo stesso riferimento del 2021), in gran parte dovute alla conclusione di rapporti a termine (60.1%) o dimissioni (24.5%) e solo in una quota residuale per crisi aziendali (5.2%), portando il saldo in terreno negativo.

IL MERCATO Questi dati trovano un corrispettivo nell’indagine “La domanda di lavoro e di competenze a Pavia nel 2022” pubblicata da Assolombarda lo scorso marzo e basata sull’analisi di 16mila annunci pubblicati sul web da aziende pavesi e sulle informazioni raccolte dal Sistema Excelsior sulla difficoltà di reperire personale. La maggior parte delle proposte si sono concentrate su Pavia (8616), quindi Vigevano (1358), Voghera (1083), Mede (599); solo ottava Mortara (352), decima Gropello (176), a indicare una Lomellina in cui sembrano prevalere ancora altri canali. In ogni caso il 22% delle offerte disponibili ha riguardato posizioni non qualificate (in particolare per movimentazione merci e pulizie), il 20% dirigenti (soprattutto con laurea in ingegneria, sviluppatori software, esperti di marketing), così come figure esecutive (in primis assistenti alle vendite e aiuto contabili) e operai specializzati (i più ricercati assemblatori, installatori e riparatori di apparati elettromeccanici), il 18% tecnici (tra cui spiccano rappresentanti di commercio, disegnatori industriali, segretari amministrativi). Quanto ai settori, le posizioni afferivano a manifatturiero (32% e all’interno di questo soprattutto le filiere di metallurgia, elettronica, farmaceutica e chimica), servizi alle imprese (32%), commercio – alberghi – ristoranti (25%), irrilevante l’apporto dell’agricoltura. Si tratta per lo più di contratti a tempo determinato (67%), con la richiesta di una buona conoscenza delle lingue, competenze informatiche a livello di software d’ufficio, capacità di problem solving e gestione del tempo.

SFALSATI L’indagine mostra anche che per numerosi profili le imprese fanno fatica a trovare la “persona giusta”. Partendo da “Manager e specialisti” la quota di candidati difficili da reperire si attesta al 50.8%, raggiungendo l’82.7% per direttori e dirigenti generali, il 70.8% per la categoria “scienze della vita”, il 69.4% per i medici. Tra i tecnici si sale al 57.3%, con criticità maggiori per quelli della salute (71.5%), in campo ingegneristico (69%), della gestione produttiva (61.6%); va meglio per le figure esecutive (43.7%), nel cui ambito risulta complicato trovare impiegati contabili (75%), esercenti e addetti alle pompe funebri (56.9%) e ancora una volta professioni qualificate nei servizi sanitari (53.5%). Tra gli operai specializzati (55%) i più ardui da individuare sono quelli per la pulizia esterna di edifici (85%), i meccanici riparatori (73.6%), quelli che operano nel settore agricolo (70.1%), nella lavorazione a caldo di metalli (67.9%) o nelle costruzioni (66.4% nei cantieri e 65.1% per le rifiniture). L’edilizia è anche il comparto che ha maggiori criticità nel reperire personale non qualificato (63%), in generale in Provincia sembra palesarsi un forte “skill mismatch”, divaricazione tra le competenze e i ruoli ricercati dalle imprese e quelli formati a livello scolastico che determina una minore efficienza del sistema produttivo.

INFORTUNI INAIL Un altro elemento da prendere in considerazione sono gli infortuni sul lavoro, che secondo i dati Inail relativi al 2022 sono aumentati a livello nazionale e provinciale. In area pavese se ne sono registrati 5766 contro i 4969 del 2021 (+16%), di cui 8 mortali a fronte dei 15 dei dodici mesi precedenti e dei 5 del 2020. La maggior parte degli incidenti è avvenuta nell’edilizia e nella logistica, nel primo caso anche in conseguenza della fioritura di cantieri e ditte legate al “superbonus del 110%”, che ha favorito la nascita di tante attività non qualificate, con addetti provenienti da tutt’altri ambiti professionali e senza un’attenzione al rispetto della normativa sulla sicurezza. Quanto alle malattie lavoro-correlate, il 2022 ne ha viste 103 in Provincia contro le 97 del 2021 (soprattutto osteo-muscolari e tumorali), numeri che risentono della difficoltà che i lavoratori incontrano sia nel trovare ascolto dalla medicina del lavoro sia nel far riconoscere il legame diretto tra patologia e ambiente lavorativo.

EVOLUZIONE Per valutare infine l’evoluzione del mercato del lavoro negli ultimi anni è possibile dar riferimento allo studio “Il mercato del lavoro della provincia di Pavia”, curato da Provincia e Università di Pavia. In relazione alla popolazione attiva si nota un brusco calo dal 74.9% del 2019 al 69.3% del 2020 (causato dalla pandemia), un dato comunque superiore a quello attuale rilevato da Istat e che segnala un’inversione di tendenza: prima del coronavirus il tasso di occupazione era in crescita, dopo è andato in calando, mentre è in aumento la disoccupazione, che pure resta inferiore rispetto al 7.7% del 2016. Quanto alla professione, nel 2020 il 22.9% lavorava in ambito tecnico, il 15.7% apparteneva a professioni qualificate nelle attività commerciali e nei servizi, il 13.9% erano artigiani, operai specializzati, agricoltori, il 12.8% faceva lavori intellettuali, scientifici e di elevata specializzazione, 12.2% svolgeva mansioni non qualificate, il 10.3% si occupava di lavoro d’ufficio, il 9.8% erano conduttori d’impianti, macchinari o veicoli, il 2.3% legislatori, imprenditori e alti dirigenti, lo 0.2% forze armate. All’interno di queste categorie le donne si concentrano soprattutto in ambito tecnico (25.1%), commerciale e dei servizi (21.5%), intellettuale – scientifico (16.2%), d’ufficio (16.2%), gli uomini nel primo (21.2%), tra artigiani e operai specializzati (20.8%), tra i conduttori di impianti, macchinari e veicoli (16.7%). Quanto alla formazione, i laureati risultano più attivi (83.5% contro 65.6% dato 2020), meno disoccupati (2.4% contro 6.3%), più dipendenti che autonomi (78% contro 73.6%) e più impiegati full time (88.2% contro 83.3%) dei non laureati, mentre per tipo di rapporti di lavoro – indeterminato/determinato – la differenza è meno marcata.

PP Lavoro Vescovi - giovani e speranza

CONTESTO A livello socio-economico il dossier mostra la differenza tra la popolazione attiva femminile (62.9% nel 2020) e maschile (75.7%), un divario che è presente anche per quanto riguarda la disoccupazione, che in generale ha una durata media molto variabile: 33.1 mesi nel 2018, 51.9 nel 2019, 29 nel 2020, molto più ampia per le donne, nel periodo 2016-19 41.9 mesi, che per gli uomini, 27.5, e per gli over50, 56.3, che per gli under30, 13.7. A livello anagrafico, la popolazione attiva è minore tra questi ultimi (rispettivamente 66.7% e 44.5% nel 2020) e maggiore nelle fasce 30-39 (84.5%) e 40-49 (84.1%); i più giovani sono anche quelli che meno hanno contratti di lavoro a tempo indeterminato (55.8% contro il 94.7% degli ultracinquantenni nel 2020), senza contare che il 13.5% è classificato come “Neet” ovvero non studia, non si sta formando e non ha un lavoro né lo cerca (era il 7.9% nel 2019). Il tutto in un contesto in cui aumentano le famiglie percettrici del reddito di cittadinanza, a novembre 2021 7174 nuclei per 15548 persone coinvolte con un assegno medio mensile di 533 euro contro i 6355 nuclei, 15826 persone, 492 euro del 2019, e cresce il pendolarismo, che nel 2016 interessava il 21.8% dei lavoratori e nel 2020 è arrivato al 25.9%.

Giuseppe Del Signore

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