Mons. Gervasoni: pensieri di Quaresima 4

Nella quinta domenica di Quaresima, il Vescovo Maurizio Gervasoni ha celebrato la Santa Messa dal Santuario della Bozzola, a Garlasco. Nella sua omelia Monsignor Gervasoni ha riflettuto sul senso della morte e sulla vita eterna offerta da Gesù.

IL SENSO DELLA VITA In questo periodo particolare, dove le relazioni sono infrante, e incombe una minaccia di morte su tutti, noi come cristiani siamo guidati in questo cammino di fede a capire il senso di quello che accade nella vita, soprattutto nel confronto forte di questa situazione che ha cambiato le prospettive. Abbiamo imparato dal Vangelo delle tentazioni a distinguere gli spiriti veri da quelli falsi che sono dentro di noi, alla fatica di dire sì a Gesù quando magari vorremmo altro. Poi la Trasfigurazione, anticipo della speranza pasquale, e la Samaritana che ci ha costretto a rileggere il nostro cuore, a fare un cammino difficile e smascherante della verità mettendo a nudo noi stessi, riconoscendo che il Signore non ti chiede da bere, ma è lui che ti dà l’acqua che ti disseta per sempre. Infine abbiamo incontrato il cieco nato, e abbiamo visto che i ciechi siamo noi che crediamo di vedere. La pandemia ci ha fatto vedere che eravamo tentati da tante “fate morgane”: quante tentazioni, quante idolatrie. Il nostro cuore è pieno di cose che valgono poco. Oggi nel vangelo di Lazzaro risorto affrontiamo il mistero della morte. Questa pandemia ci mette davanti agli occhi la dura realtà del fatto che siamo mortali. Se uno ha un raffreddore subito pensa di avere il coronavirus, e ha paura di morire. Che senso ha sopravvivere così? Tante persone care da un giorno all’altro passano dalla buona salute a una condizione di grave sofferenza, e poi muoiono, e non possiamo neanche salutarle. Quanti ragazzi costretti in casa hanno dovuto vedere che i nonni o i genitori erano morti?

Nella nostra cultura la morte era virtuale, sembrava non esistere: la sussistenza era data per scontata. Oggi comincia a diventare seriamente primaria.

E anche quando l’emergenza sanitaria sarà finita, quella sociale sarà disastrosa, e il senso della morte attraverserà molte persone.

IL MISTERO DELLA MORTE Il mistero della mia morte entra pesantemente nella coscienza. Il primo compito che Gesù dà ai discepoli è di guarire i malati. Eppure quando gli dicono che Lazzaro è malato non si muove subito. Lo fa solo quando viene a sapere che è morto. Quanti, anche in questo santuario, vengono a pregare Gesù di non farli morire? Eppure Gesù è via, sembra lontano, e ci lascia morire. Che significa questo? Quando non c’è più niente da fare, Gesù torna, e dice alle sorelle di Lazzaro di avere fede. È questa la cosa che salva. Gesù si commuove di fronte alla morte di Lazzaro, così come ci commuoviamo noi in questo tempo. Dov’è Gesù? Perchè non è qui? Non è un super-eroe senza sentimenti, ma neanche un prestigiatore. Si commuove e si rivolge al Padre perché manifesti la resurrezione e la vita. E’ un anticipo pasquale. La morte ci sarà sempre, ma Gesù ci permette di non morire con la nostra morte.

La vita eterna è tutta in quella volontà di vita e di amore che Gesù ci porta e che a noi è affidata: la buona vita secondo il bene, la generatività che fa vivere e produce il bene. La mia vita, anche se finisce, sarà stata vissuta per il Signore, e per gli altri.

“Ma come, colui che ha aperto gli occhi al cieco nato poteva fare qualcosa prima”. Gesù non lo fa, e questa è la croce che il Signore ci dà, la stessa che ha preso sulle sue spalle. E a noi resta il compito di metterci in ginocchio, come Marta e Maria, e dire: “Sì, o Signore. Tu sei la resurrezione e la vita. Chi crede in te, anche se muore, vivrà.

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