L’Italia non è un paese per giovani. Un sentimento di sfiducia, o per dirla tutta di rassegnazione, quello provato dalle nuove generazioni, nei confronti di una politica dalla quale non si sentono sufficientemente rappresentati, sembrerebbe sostenere questa amara realtà.
I ragazzi, gli studenti sono interessati a temi di attualità, ma è come se avessero captato l’inesistenza di partiti che rispecchino in pieno i loro ideali
Questa la constatazione di Alice Scalas Bianco, giovane scrittrice vigevanese, che nel proprio curriculum vanta la vittoria del concorso letterario “Campiello Giovani 2021”.
REALTA’ A CONFRONTO Un’indagine promossa da l’Araldo lo scorso novembre aveva evidenziato come solo un giovane su dieci volesse rimanere a vivere a Vigevano. «Sono iscritta al secondo anno di Lettere moderne all’Università di Bologna – racconta la promettente firma ducale – e in questo lasso di tempo»
mi sono resa conto delle differenze abissali che separano la realtà bolognese da quella della città in cui sono nata
Se Bologna può essere ritenuta come la città della cultura visto che «è frequentata da parecchi studenti e spesso e volentieri vengono promossi eventi e iniziative molto interessanti, sia culturali sia sociali», lo stesso Scalas Bianco non può affermare di Vigevano. «Non è una città in cui tornerei a vivere – precisa – pochissimi miei ex compagni del Liceo hanno scelto di non trasferirsi per motivi di lavoro o di studio. C’è un’evidente fuga di giovani che caratterizza la Lomellina».
IL VOTO TRA I GIOVANI Una disaffezione che si manifesta anche nella scarsa partecipazione politica: le elezioni regionali tenutesi il 12 e 13 febbraio hanno visto trionfare il centrodestra, ma anche l’astensionismo. «A questo proposito, mi sento di aggiungere che forse non sono state adeguatamente pubblicizzate. Io per prima, mi sono accorta tardivamente che in Lombardia si dovesse votare per eleggere la nuova giunta regionale». Senza dimenticare un aspetto che riguarda direttamente chi, come Scalas Bianco, si trova al di fuori del comune di residenza per studiare o lavorare: «Per i fuori sede è sempre un terno al lotto riuscire a votare. Quando si sono tenute le elezioni politiche, ero in Francia, per seguire un corso di studio che ormai avevo fissato da mesi, e che non potevo spostare». Situazione comune a molti universitari e lavoratori che costituisce un vulnus rispetto al pieno esercizio del diritto di voto. «Tantissimi ragazzi non hanno potuto votare, magari perché non potevano permettersi di farsi 10 ore di treno o di prendere l’aereo per tornare nei propri comuni di residenza per una sola giornata. In questo senso, c’è qualcosa che deve assolutamente essere rivisto».
LOTTARE Gli studenti ma anche i giovani lavoratori intendono quindi proporre una sorta di cambiamento? «Le proteste ci sono. Inoltre i miei coetanei si informano anche su YouTube e sui canali di divulgazione per rimanere aggiornati in tempo reale su quello che accade». Sensibilizzare le persone sull’emergenza climatica, sostenere i diritti umani e lottare per la libertà di parola sembrano essere le parole chiave della generazione Z. «Vogliamo proporre un cambiamento, ma più che scendere in piazza, organizzare assemblee e partecipare a cortei, non possiamo fare». Il sentimento più comune risulta essere rabbia.
Niente estremismo, ma bisogna farsi ascoltare. Lo Stato ha il dovere di offrire tutti gli strumenti necessari, affinché l’individuo possa vivere come ritenga più opportuno
Edoardo Varese