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Povertà Caritas / La povertà dei trisavoli ricade sui nipoti

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L’ascensore è rotto e anche le scale non se la passano benissimo.

Il rapporto di Caritas Italiana sulla povertà dedica tutta la parte centrale ai “pavimenti appiccicosi” ovvero quando l’indigenza passa da una generazione all’altra.

«La mobilità intergenerazionale – si afferma – costituisce un elemento cruciale in termini di uguaglianza».

Gli indicatori di mobilità fanno luce sulla possibilità che a individui con condizioni iniziali diverse (che sono al di fuori del loro controllo) siano date pari opportunità di successo

Al momento queste pari opportunità in Italia sono negate: «I dati esaminati dimostrano che il pericolo di rimanere intrappolati in situazioni di vulnerabilità economica, per chi proviene da un contesto familiare di fragilità, è di fatto molto alto; il nesso tra condizione di vita degli assistiti e condizioni di partenza è molto stretto». La scuola, che dovrebbe essere l’ascensore sociale più potente, non riesce più a esercitare un’azione efficace ed è per questo che il presidente della Cei, card. Zuppi, ha posto l’accento con forza sulla necessità di «ristabilire l’educazione» per rendere forte “l’anello debole” ovvero quello in cui è imprigionato chi è povero.

Povertà Rapporto Caritas - Assistiti per mobilità intergenerazionale e territorio
Assistiti per mobilità intergenerazionale e territorio (“L’anello debole”, Rapporto Caritas 2022)

CORRELAZIONI Caritas ha preso in considerazione una serie di studi a firma Ocse, Banca d’Italia e di studiosi indipendenti, e ha poi condotto un’indagine autonoma tra le persone che si sono presentate ai Centri d’ascolto nel corso del 2021. In tutto sono stati coinvolti 1281 soggetti con un campione statistico rappresentativo di 24105 utenti e formato da persone tra 36 e 56 anni (l’età media degli assistiti è 46 anni) tutte di cittadinanza italiana. L’analisi ha preso in considerazione tre parametri principali, il livello d’istruzione, la condizione occupazionale e quella economica. Nel primo campo si è visto che a bassi titoli di studio dei genitori corrispondono scarsi risultati scolastici dei figli: solo l’8% di chi ha papà e mamma che non sono andati oltre la terza media riesce a raggiungere la laurea, mentre si è al 65% per chi è cresciuto con padre/madre laureati. Nel passaggio generazionale «si registra una mobilità ascendente che appare tuttavia molto contenuta» ovvero «il titolo di studio modale passa dalla licenza elementare a quella media». Anche dal punto di vista lavorativo c’è una correlazione tra impieghi discontinui o poco qualificati degli “avi” e disagio occupazionale (presente nel 52.1% del campione) dei discendenti. Infine rispetto al contesto familiare di provenienza, «i casi di povertà ereditaria pesano per il 59%». Del resto l’Ocse precisa che in media servono 4.5 generazioni a un povero per raggiungere un reddito medio, che in Italia diventano 5.

Titolo di studio genitori/figli (“L’anello debole”, Rapporto Caritas 2022)

A SCUOLA Pur trattandosi di un campione, il paragone con i dati raccolti da Ocse – Italia 34esima su 82 al mondo per fluidità sociale, in Europa davanti solo a Croazia, Albania, Bulgaria, Serbia e Grecia – Banca d’Italia – per reddito la mobilità intergenerazionale è in peggioramento dal 2010, segno che le variabili che non sono oggetto di scelta degli individui determinano il successo economico – e Istat vanno nella stessa direzione. Se non si è tornati al “moment, milieu, race” del naturalismo e del verismo, poco manca, in aperta contraddizione con la Costituzione, la quale sancisce che

è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana

Spetterebbe in prima battuta all’istruzione farlo, ma prendendo spunto dallo studio del 2001 “Struttura del sistema scolastico e selezione sociale”, il Rapporto evidenzia tre criticità; in primis la scuola dell’obbligo non colma le differenze culturali di partenza, quindi la scelta delle superiori accentua le differenze (dividendo gli studenti più per livelli che per competenze e inserendoli tra pari che hanno la stessa maggiore, di solito nei licei, o minore, dai tecnici ai professionali, motivazione) e la compresenza di istituti pubblici e privati, con i secondi a dare un vantaggio “ambientale” che inserisce il giovane in un contesto selezionato. Come ne “I Malavoglia” non resta che attaccarsi all’ideale dell’ostrica.

Gds

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