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Siccità / Quali le soluzioni a breve e medio termine?

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il Ticino, più vegetazione che acqua

«A oggi in Emilia Romagna è piovuto meno che in Israele».

Se la situazione sul fronte siccità è questa, ci sono delle soluzioni?

Nell’ambito del convegno organizzato dalla Camera sul tema il primo che ha tentato di dare una risposta è stato Massimo Gargano, direttore generale di Anbi, l’Associazione nazionale dei consorzi irrigui e di bonifica il quale; oltre a fotografare la situazione emiliana paragonandola a quella di uno stato che da decenni strappa l’acqua al mare con i desalinatori ed è all’avanguardia nell’agricoltura idroponica, ha rilanciato Il piano d’investimenti per la costruzione di piccoli e grandi invasi, per circa 20 miliardi di euro.

RACCOGLITORI In primo luogo secondo Gargano occorre perdere meno acqua possibile di quella che cade dal cielo, mentre oggi l’Italia ne recupera solo l’11%. «Anbi – ha dichiarato – propone un “Piano bacini di accumulo”: intanto si tratta di un sistema cemento zero, che usa la terra di scavo per il contenimento dell’acqua e prevede di mettere in rete questi “laghetti” per offrire questo sistema al paese. Siamo già in una fase esecutiva e procedurale avanzata perché volevamo accedere ai finanziamenti del Pnrr, che però impedisce di realizzare opere nuove, un vincolo che occorre rimuovere». Non è l’unica strada da percorrere, secondo il direttore generale di Anbi ci sono anche la «cisgenetica» per selezionare colture meno idrovore, o più semplicemente avrebbero un impatto già i sistemi di irrigazione a goccia (Israele…), e «il lavoro sulla sostenibilità nell’uso della risorsa, Anbi ha messo in campo il marchio “Goccia verde”, lo stiamo testando per certificare al consumatore il ridotto consumo di acqua». Inoltre occorre «una cabina di regia coordinata dalla Protezione civile» perché, come sottolineato da Ispra e Istat, i dati vanno raccolti e messi a sistema.

PP Siccità - trattore

QUALE EMERGENZA? Tutto questo non avrebbe ricadute immediate, nel breve termine saranno impiegate le autobotti, già operative in diversi comuni piemontesi e lombardi, e si cercherà di recuperare acqua ovunque sia possibile, cioè dai grandi laghi, ma questo ha già scatenato risposte negative come sul Garda, e dai bacini idroelettrici, che qualcosa hanno già iniziato a rilasciare dopo un periodo di “attesa”. Secondo il segretario generale dell’Autorità di bacino del Po Meucci «da domattina tutta l’acqua che abbiamo dai laghi regolati bisogna distribuirla con attenzione e prevedere prima di tutto la difesa dell’idropotabile». In aggiunta le Regioni chiederanno lo stato d’emergenza, le prime sono state Piemonte ed Emilia Romagna, ma gli addetti ai lavori credono poco a uno strumento che serve più che altro a dare ristori alle attività danneggiate. «Potremo dare qualche soluzione operativa – ha ammesso Fabrizio Curcio, capo della Protezione civile – qualche autobotte in più, qualche riunione di coordinamento, qualche atto di bilanciamento, qualche piccola opera di prevenzione strutturale funzionale all’emergenza, ma questo strumento oggi non consente più la soluzione della problematica strutturale». Oggi secondo Curcio occorre intervenire a livello di sistema e occuparsi di

riduzione perdite, efficientamento degli impianti, infrastrutture e loro collegamenti, rapporti con la comunità scientifica

il fiume Agogna in secca

L’INDIVIDUO E i cittadini cosa possono fare? Per la fase acuta, che raggiungerà il suo apice in luglio, il mese in cui il prelievo d’acqua potabile è il più alto in assoluto, si può ricorrere al senso civico, risparmiare acqua anche perché in alcuni comuni, come Tradate, già si vedono le conseguenze quando a intervenire deve essere l’autorità; con un’ordinanza il sindaco ha vietato di innaffiare prati, orti e giardini, di riempire piscine, di lavare piazzali e vialetti o autoveicoli dalle 6 a mezzanotte. Forse è meglio provare a limitare gli sprechi, dalla doccia al lavaggio dei piatti, da quello dei denti all’irrigazione, dalle piscine agli altri usi superflui, per tacere dei consumi elettrici, visto che una parte dell’energia che si usa nelle case proviene dall’idroelettrico. A più ampio spettro sarebbe importante, di fronte alla proposta di realizzare infrastrutture come invasi sul territorio, evitare la sindrome “Nimby” ovvero sì alla grande opera, ma “non nel mio giardino”.

Gds

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