Violenza, ospedali meno sicuri

Nessuna sicurezza garantita per chi lavora in ospedale. Le aggressioni che avvengono sempre più spesso all’interno dei nosocomi e che non risparmiano né Vigevano né la Lomellina. Nonostante ancora oggi sia un fenomeno sottostimato, per colpa delle poche denunce, nell’ultimo periodo la forte eco mediatica ha portato a un aumento della consapevolezza da parte del personale sanitario. Secondo Inail i numeri appaiono molto più alti rispetto ai casi denunciati, mentre in un sondaggio di Fnopi, Ordine delle professioni infermieristiche, il 40.2% degli intervistati denuncia di essere stato aggredito nel corso del 2023, di cui il 72% donne tra i 30 e 40 anni. Anche per questo Ats Pavia, nella giornata di martedì 19, ha convocato le varie realtà sanitarie del territorio per fare il punto sul tema aggressioni.

PROGETTO «Dal 2022 è in atto un piano triennale per capire quali siano le azioni da intraprendere riguardo il tema sicurezza – spiega Luca Mazzola, tecnico radiologo all’Ospedale Civile di Vigevano e sindacalista Cgil – In primo luogo è stato fatto un monitoraggio dei dati delle aziende sanitarie per capire come queste realtà si comportino sul tema aggressioni e, in secondo luogo, è stato proposto un progetto insieme a una psicologa del lavoro dell’Università di Pavia». Un piccolo passo verso una presa di coscienza concreta del fenomeno, con ancora diversa strada da fare.

PIU’ PERSONALE «Per affrontare la questione violenza – prosegue Mazzola – dovrebbe esserci innanzitutto un numero adeguato di personale. In questo modo non si lascerebbe un operatore sanitario da solo a dover sbrigare più compiti del necessario, sotto pressioni esterne che potrebbero portare a un errore o, nel peggiore dei casi, a delle aggressioni». Puntare sul personale sembra essere una delle prime soluzioni da mettere in campo.

Bisognerebbe mettere gli operatori in sanitari in condizioni di lavoro migliori – continua Mazzola – solo in questo modo i colleghi possono sentirsi più sicuri. Solo in un secondo momento si può parlare di presidi di polizia, telecamere e barriere di distanziamento.

VIOLENZA Le aggressioni stanno aumentando soprattutto dopo la pandemia e sono un segnale del malessere sociale. «La vera questione è che in generale c’è una rabbia che viene sfogata in ambito sanitario e soprattutto sui medici e infermieri che lavorano nelle strutture – racconta il sindacalista di Cgil – Ultimamente siamo spettatori di una rabbia sociale che tocca tutti gli ambiti e che sta sempre più emergendo». Uno scenario che spesso porta questi professionisti a scegliere come ultima ratio di abbandonare questo percorso lavorativo.

Rossana Zorzato

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