«Bisogna ridurre al più presto le emissioni inquinanti prima che sia troppo tardi per intervenire».
Queste le parole di Stefano Caserini, ingegnere ambientale e docente universitario del Politecnico di Milano da anni attivo nel campo della ricerca sul cambiamento climatico e sulla divulgazione dei temi che lo riguardano, ad esempio attraverso il blog “Climalteranti” LINK e il monologo teatrale “A qualcuno piace caldo – Conferenza spettacolo sul clima che cambia”.
Caserini esprime tutta la sua apprensione sia sull’inquinamento atmosferico sia sul climate change, due elementi distinti, seppur con molti punti in comune.
LE DIFFERENZE «L’inquinamento atmosferico e il cambiamento climatico sono due fenomeni diversi – spiega il docente – il primo è dovuto alle polveri sottili e al biossido di azoto ovvero inquinanti emessi localmente. Si tratta quindi di un fenomeno che alla lunga può portare a patologie respiratorie, ma anche cardiovascolari. Nel caso del cambiamento climatico si tratta di un fenomeno a scala globale, legato più nello specifico alle emissioni di gas CO2 e altri gas serra, che poi vanno a impattare localmente». Un fenomeno, soprattutto il primo, che trova terreno fertile proprio nella pianura Padana, dove si concentrano i più alti livelli di polveri sottili a dispetto di altre zone di Italia, ma anche di Europa. «Il motivo di queste alte concentrazioni – racconta Caserini – è legato al fatto che la conformazione geografica della pianura Padana, così come la presenza di una barriera molto alta delle Alpi, fa sì che i venti che “spazzano” le pianure del nord non arrivino poi qui, rendendo l’aria stagnante. Essendo il vento uno dei fattori che permettere di disperdere l’inquinamento, la sua assenza favorisce il ristagno delle sostanze su tutto il territorio padano». Altro fattore determinante per la diffusione degli inquinanti è sicuramente l’alta pressione, fenomeno che blocca gli spostamenti d’aria. «La conformazione legata all’alta pressione – continua il professore – fa in modo che vengano ridotti i movimenti verticali delle masse d’aria pertanto, quando c’è questa conformazione soprattutto nei mesi di gennaio e febbraio, si crea quel grande fenomeno di ristagno di tutti gli inquinanti emessi, facendo aumentare in modo esponenziale le concentrazioni».
I DATI Negli ultimi anni sembra di assistere a una generalizzata riduzione del PM10 – discorso diverso per il PM2.5, più fine e più pericoloso per la salute – ma la situazione rimane pur sempre di massima allerta. «Il PM10 si è ridotto su tutta la pianura Padana – commenta Caserini – Tutti i dati che ho avuto modo di leggere, e che riguardano questo territorio, hanno dimostrato una progressiva diminuzione dei valori. A Lodi, per esempio, capoluogo non molto lontano da Vigevano, vi è un trend in riduzione, così un po’ come in tutti i capoluoghi della Lombardia. Le politiche che hanno ridotto i precursori del particolato fine fanno sì che lentamente ci sia una riduzione, che potrebbe coprire i prossimi 10, 20 anni».
SOLUZIONI Tempi molto lunghi, che dovrebbero essere accelerati sia per rispettare i vincoli posti dall’Ue sia perché lo smog costituisce un serio rischio per la salute umana oltre che per l’ambiente. Con quali soluzioni? «Le soluzioni – conclude Caserini – sono pressoché le stesse che si dovrebbero attuare per il cambiamento climatico. È necessario ridurre le emissioni e i combustibili fossili soprattutto per il settore dei trasporti, ma anche lavorare molto sull’efficienza energetica nelle case. Privilegiare la mobilità sostenibile, così come l’uso della pedonalità e dei mezzi pubblici sono tutte azioni da intraprendere, anche se sono necessari interventi e incentivi dalle istituzioni».
Rossana Zorzato