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Il Nord si scopre povero: oggi quasi un milione di famiglie povere vive nella parte settentrionale d’Italia contro le 859mila di Sud e Isole. E la fatica cresce, soprattutto se si considera che un nucleo di due persone che vive in un piccolo comune della Lombardia – praticamente tutta la Lomellina – ha bisogno di spendere in consumi almeno 1343 euro al mese per rimanere al di sopra della soglia di povertà, che salgono a 1602 se ci si sposta verso l’area metropolitana di Milano. La povertà nella penisola aumenta con l’inflazione perché i redditi non tengono il passo e non c’è una politica universalistica che guardi al fenomeno nel suo complesso. Lo fotografa il “Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia 2024 – Fili d’erba nelle crepe” di Caritas Italia, presentato la scorsa settimana a Roma.
Le povertà irrompono sulla scena sociale italiana in maniera sempre più evidente, travolgendo certezze e aprendo a nuovi interrogativi – scrive don Marco Pagniello, direttore di Caritas – Non si tratta solo di marginalità economica, ma di una complessa rete di fragilità che coinvolge le famiglie, imprigionandole in una spirale di solitudine, disagio abitativo, precarietà lavorativa e povertà educativa.
CONTROLUCE Eppure i dati, illustrati da Federica De Lauso del centro studi Caritas, sembrerebbero raccontare una realtà diversa. Le persone in condizione di rischio povertà o esclusione sociale sono 13.39 milioni, il 22.8% della popolazione (la media Ue è 21.4%). Tra il 2015 e il 2023 la quota di chi è in stato di deprivazione materiale e sociale è scesa del 7.4%, mentre quella di chi è a rischio povertà ed esclusione sociale del 5.6%, un miglioramento che tuttavia è solo apparente perché, come spiega Caritas, occorre «partire dai consumi». In quest’ambito «in dieci anni il valore medio dei consumi familiari è passato da 2519€ (2014) a 2738€ (2023, +8.6%)». Eppure «a fronte di una crescita della spesa non si è registrato un miglioramento del tenore di vita degli italiani, ma al contrario un suo peggioramento per effetto dell’inflazione (il 2022 si è chiuso con un +8.1% e il 2023 con un +5.7%): infatti, se la spesa media familiare ha registrato una crescita di circa l’8%, in termini di spesa reale la flessione è stata del 10.5% […] il tenore di vita è andato peggiorando. Questo ha riguardato le regioni del Nord più che quelle del Sud Italia; secondo i dati Istat la spesa reale media delle famiglie è diminuita negli ultimi dieci anni del 14% nel Nord, dell’8% nel Centro e del 3% nel Mezzogiorno». In tutto 5.69 milioni di persone e 2.22 milioni di famiglie in povertà assoluta, il 9.7% degli italiani, in linea col 2022, ma che in un decennio è cresciuto del 40.6% per gli individui e del 35.5% per le famiglie.
CATEGORIE Il potere d’acquisto «è sceso maggiormente nelle regioni del Nord, dove la povertà assoluta ha registrato maggiori effetti». Il che da un lato segnala una maggiore disuguaglianza socio-economica in questa parte del Belpaese (Vigevano e Lomellina incluse) e dall’altro si spiega con la forte presenza di una delle componenti più esposte alla fragilità economica in Italia, i cittadini stranieri, di cui il 58.6% risiede nelle regioni settentrionali. Scrive Caritas che «tra loro l’incidenza della povertà è decisamente più alta», così come tra i minori: «un altro nodo da richiamare è quello della povertà minorile, che da tempo sollecita e preoccupa. L’incidenza della povertà assoluta tra i minori è ai massimi storici, pari al 13.8%: si tratta del valore più alto della serie ricostruita da Istat (era 13.4% nel 2022) e di tutte le altre fasce d’età. Lo svantaggio dei minori è da intendersi ormai come endemico» e interessa 1.3 milioni di bambini. Stranieri, minori, ma anche i lavoratori visto che l’8% degli occupati è povero, valore che sale al 16.5% tra operai o simili (tra chi accede ai Centri d’ascolto traslocatori, giardinieri, corrieri, ambulanti, addetti a edilizia, ristorazione, pulizie, caregiver), non molto distante dai disoccupati (20.7%), quasi che lavorare con certe mansioni o qualifiche non faccia la differenza rispetto a non lavorare. Accanto a questi i “poveri soli”, più uomini che donne e spesso senza fissa dimora, che non hanno diritto neppure al medico di famiglia.
LA RETE A fronte di questi dati generali Caritas nel 2023 ha aiutato 269689 persone, un’attività resa possibile dal fondamentale sostegno dello “8 per mille”. Queste sono state accolte nei 3124 Centri di ascolto presenti sul territorio nazionale, ma non rappresentano il totale di chi è stato aiutato, perché nel Rapporto non sono registrati gli interventi delle Caritas parrocchiali e di altri servizi. La crescita dei soggetti che si sono rivolti a Caritas è stata del 5.4%, di questi il 57% è straniero (nel Nord-Ovest si arriva al 62.9%) e il 59% era già seguito negli anni precedenti, tanto che «accanto alle nuove povertà preoccupano e sollecitano anche le povertà di ritorno […] per questo si parla spesso di povertà intermittenti» e la Caritas di Potenza ha usato l’espressione «sabbie mobili». In Italia «ai poveri è negato il diritto di aspirare» cosicché la povertà non incide solo sulle condizioni materiali, ma anche su comportamento e aspettative, richiedendo un dispendio cognitivo per occuparsi delle esigenze quotidiane che mina la capacità di pianificare e la possibilità di costruire. Non è un caso che alla povertà economica si sommino quella educativa e sanitaria; difficile pensare a percorsi scolastici vincenti per un bambino che si trova in una famiglia che non può comprare i pannolini o rivolgersi al pediatra (una su sette di quante si rivolgono a Caritas), così come è arduo pensare alla salute se il 7.6% della popolazione rinuncia alle visite (dato Istat 2023) e 427mila persone per avere dei farmaci hanno dovuto chiederli alle realtà assistenziali (dato Banco farmaceutico).
FILI Se le crepe sono evidenti e l’Italia in Ue è tra i Paesi «in cui la trasmissione intergenerazionale delle condizioni di vita sfavorevoli è tra le più intense», al punto che il 34% dei 25-59enni a rischio povertà è stato ragazzo in una famiglia povera, valore superato solo da Bulgaria e Romania, i fili d’erba a cui fa riferimento il Rapporto dove sono? Per don Pagniello «in questo contesto, i cristiani in particolare – come ricordava don Tonino Bello – non possono limitarsi a sperare, ma appartiene a loro il compito di dare gambe e “organizzare la speranza”. Si tratta, dunque, di un percorso da fare insieme, come Chiesa, e Chiesa sinodale, in relazione».
Giuseppe Del Signore