Con la morte di Francesco Valle, boss condannato a 21 anni per associazione mafiosa, si chiude un periodo storico che ha visto per buona parte Vigevano protagonista. Originario del quartiere Archi di Reggio Calabria, Valle arrivò a Vigevano all’inizio degli anni ‘80, dopo una faida che vide la sua famiglia coinvolta e che portò alla morte di diversi suoi familiari. Approdato a Vigevano con la famiglia, Valle trovò lavoro come operaio, ma allo stesso tempo iniziò, con la protezione del locale boss Giovanni Cotroneo, un’attività parallela dedicata all’usura e all’estorsione. Nel giro di poco tempo Valle amplia la propria attività, fino ad arrivare ad allestire una vera e propria rete di prestiti a usura. Fino al 1992, quando la denuncia della gioielliera vigevanese Maria Grazia Trotti ha portato alle condanne per usura di Francesco Valle, dei figli e di alcuni complici.
LA CONFISCA Il caso dell’arresto dei Valle arrivò alle cronache nazionali, per il fatto che per la prima volta in Italia i beni vennero confiscati e riutilizzati per scopi sociali. Oggi l’ex bar Giada ospita un dormitorio, la villa di via Oroboni lo spazio Saltinmente e l’ex villa delle statue la sede della Croce Azzurra. Intanto, però, scontata la pena, il clan Valle uscì dal carcere e stabilì il proprio quartier generale a Bareggio, dove a metà degli anni ‘80 scattarono ancora le manette ai polsi, non per associazione mafiosa, ma sempre per usura.
Nel giro di poco tempo avevamo ricominciato la propria attività criminale espandendosi nel milanese.
IL SALTO DI QUALITÀ Nel corso degli anni il clan Valle cresce di importanza, anche grazie a una serie di matrimoni, come quello della figlia Maria e del figlio Leonardo con un esponente del clan Lampada. Allo stesso tempo il clan allarga anche la propria rete di affari alla gestione dei videopoker, grazie anche a entrature nel mondo romano della politica. L’impero dei Valle, ormai lontano da Vigevano, ma con il proprio quartier generale al ristorante Masseria di Cisliano cresce a dismisura, fino al 2010, quando un altro maxi blitz della Dda di Milano riporta gli esponenti in manette. I processi di concludono con condanne pesanti, ma nel 2016 Francesco Valle, con altri boss mafiosi, viene liberato per l’incompatibilità delle sue condizioni di salute con il regime carcerario. Francesco Valle viene così spostato agli arresti domiciliari fino al giorno della sua morte, che farà comunque discutere. Soprattutto perché i familiari hanno voluto ricordarlo sul manifesto funebre come “uomo di grande forza e bontà”, suscitando l’indignazione di alcune associazioni antimafia, per un ricordo ritenuto fuori luogo, alla luce anche delle pesanti condanne ricevute.
Andrea Ballone