La sera di giovedì 4 aprile i riflettori del teatro Odeon hanno illuminato i volti carichi di emozione ed entusiasmo degli alunni dell’istituto paritario San Giuseppe. Un festival, portato avanti da anni, degli studenti: stesura del copione, creazione dei balletti, delle scenografie, dei costumi di scena, scelta delle canzoni suonate e cantate dalla band e dal coro… tutto “made in san Giuseppe”.
LA STORIA L’edizione 2024 ha portato sul palco la storia di una giovane curatrice d’arte che, poco prima dell’inizio della mostra, scopre che tutti i personaggi dei quadri si sono invertiti in seguito a un incidente; ma quando tutto sembra risolto… nello svelare l’ultimo capolavoro, la Gioconda manca all’appello e nessuno sa dove sia. La curatrice e i personaggi provano a sostituirla durante la mostra, credendo che sia un lavoro facile. Al termine della mostra, capiscono che,
nonostante il grande impegno per cercare di imitare la Gioconda e provare quel brivido di fama, ognuno di loro ha nascosto dietro a quel sorriso la paura di non essere all’altezza: non perché non lo fossero realmente, ma perché hanno messo in secondo piano la loro unicità, ciò che realmente li rende felici.
LA CRONACA La serata, al netto dell’emozione e dell’apprensione dopo mesi di prove, è volata tra risate e applausi del pubblico, con un omaggio a sorpresa: i professori si sono cimentati nel canto dedicando agli studenti la canzone “Sogna ragazzo sogna”, creando un’atmosfera di nostalgia accompagnata da qualche lacrima, soprattutto sul volto dei ragazzi di quinta giunti alla fine del percorso scolastico. Questo magico momento si è concluso con il tradizionale “ballo delle quinte” e la lettera di ringraziamento a tutti i professori, preziose guide nel nostro cammino. «Vedere realizzato tutto quello che fino a pochi mesi prima era solo un progetto su carta ci ha regalato una soddisfazione impagabile – è il commento di una delle studentesse che hanno partecipato all’iniziativa – il festival del san Giuseppe non rappresenta solo una semplice tradizione dell’istituto, bensì racchiude lo spirito di dedizione, collaborazione ed entusiasmo vissuto in un clima di gioia e serenità dove ciascuno, alunno o professore che sia, è un piccolo, ma indispensabile tassello di una grande famiglia».
Il commento di Zorzoli: «Gli studenti al centro»
L’Istituto Paritario San Giuseppe si presenta con lo slogan “L.I.V.E.together”, “vivere insieme”, laddove l’acronimo sta per Libertà, innovazione, verità ed esperienza». Parte da qui Donatella Zorzoli, coordinatrice delle attività didattiche ed educative dell’istituto paritario San Giuseppe, per descrivere il progetto formativo della sua scuola. «Questa espressione rappresenta la vera essenza dell’istituto e di tutte le persone che ne fanno parte. Porre gli studenti al centro del percorso educativo attraverso una didattica diversa da quella tradizionale è il vero focus dell’Istituto».
Gli alunni «vivono tutte le aule disciplinari secondo il modello “Dada” – continua la professoressa Zorzoli – dispongono di strumenti digitali, attivano progetti che siano in grado di mettere costantemente in luce e implementare le loro competenze. Dal Festival ai corsi pomeridiani, dalle uscite didattiche ai momenti ricreativi, dai laboratori ai progetti con specialisti esterni dell’Università, psicologi, medici, ogni momento è strutturato per rendere l’alunno responsabile, autonomo e coinvolto in un processo di apprendimento fondamentale per la vita». Questo perché «la scuola è vita e lo è davvero, nelle sue relazioni, nel mettersi in discussione, nell’essere promotore di valori, quelli cristiani in quanto scuola cattolica, ma aperta al confronto con altre culture e religioni». Dall’infanzia al liceo delle Scienze Umane i giovani possono crescere in un ambiente su misura per loro.
Gratificante, emozionante, formativo. E molto altro. Lo spettacolo dell’Istituto San Giuseppe “C’è qualcosa che non cosa”, andato in scena giovedì 4 aprile all’Odeon, ha permesso a chi ha vissuto la preparazione della rappresentazione di fare un viaggio dentro di sé.
LEGAMI Fabiana Nigro, studentessa di quarta del liceo di scienze umane, si è occupata di preparare coloro che hanno cantato e racconta che «è stata una esperienza molto positiva. Anche chi non voleva provare, alla fine, si è lasciato prendere, anche questo è un aspetto positivo, caricante, che permette di scoprire lati di sé celati. Le prove, le risate, i momenti di pura ironia sono tra quelli che ricorderò con il sorriso, assieme a molti altri: questa esperienza ha fatto nascere amicizie che dureranno». Giorgia Pagano, sua compagna di classe, aveva la supervisione del corpo di ballo:
Studio danza moderna e jazz da parecchio, sono abituata a stare sul palco, ma mi ha fatto emozionare vedere che le ragazze che hanno ballato, anche se non avevano una preparazione alle spalle, sono riuscite a calarsi nel ruolo e a coinvolgere il pubblico, tutto questo ha reso lo spettacolo “energico”, stimolante, bello. Ricorderò sicuramente l’ansia delle prove, un momento particolare perché l’emotività è forte ma, poi, permette di “spaccare”.
COL CUORE Il copione è stato affidato a Vittoria Sozzani e Benedetta Marchetti, all’ultimo anno del liceo di scienze umane, «un’esperienza bellissima; anche lo scorso anno mi sono occupata della stesura del copione e di curare la scenografia, ho anche recitato, parti minori ma molto piacevoli. E’ una esperienza splendida perché ci fa sentire uniti, tutti insieme, anche con quelli di quarta, per realizzare il Festival, un prodotto unico al quale contribuiscono in tanti». Per Marchetti «il contributo allo spettacolo della scorsa settimana è iniziato a maggio di un anno fa. E’ stata una esperienza totale: occorre capire cosa fare, quante scene predisporre, ci abbiamo messo tre mesi per scrivere tutto. L’aspetto più gratificante è stato sentire che era come se tutti quanti fossimo sul palco: c’erano empatia, sostegno, adrenalina, emozioni forti, da vivere. Mi sono sentita, ci siamo sentite supportate da tutti, dai nostri compagni e dai nostri professori. Al San Giuseppe c’è sempre molto cuore in quello che facciamo. Si vede, si sente».
Francesca Zai, Isabella Giardini