Per una scarpa a rischio estinzione, lavorare insieme nel costruire un “Ecosistema della calzatura” che sia regionale e che veda Vigevano come protagonista. Sono queste le basi che sono state poste durante il tavolo sul settore calzaturiero svoltosi a Pavia lo scorso mercoledì: una “cabina di regia” proposta dal presidente della Provincia Giovanni Palli e innescata dalla recente crisi del calzaturificio Moreschi, che ha annunciato il licenziamento di 59 operai e di fatto della dismissione della produzione su suolo ducale.
L’INCONTRO Al tavolo erano presenti, tra gli altri, il sindaco di Vigevano Andrea Ceffa, Confartigianato Lomellina con il presidente Luigi Grechi, Assomac con Maria Vittoria Brustia, il presidente della sede di Pavia di Assolombarda Nicola De Cardenas, i sindacati confederali, l’università di Pavia, ma anche i rappresentanti di Confartigianato Legnano e Assolombarda Alto Milanese: buona parte dei soggetti da coinvolgere per creare un sistema lombardo con la scarpa al centro. «Il riscontro è positivo perché finalmente mi è parso che davvero tutti i soggetti presenti fossero seduti al tavolo con la volontà di realizzare un progetto concreto e non la solita “messa cantata” fine a se stessa – è il commento, speranzoso, di Ceffa – Sì, si è ribadito che c’è una crisi del settore della calzatura che tocca in maniera particolare Vigevano e che interessa in maniera minore anche la Toscana e le Marche, dovuto anche alla crisi del lusso e alle difficoltà di mercati come quello russo e del Golfo, ma forse proprio il momento di crisi ha fatto emergere questa volontà unitaria».
ECOSISTEMA Il progetto che dovremo definire è quello di un “Ecosistema lombardo della calzatura”: «Sarà coordinato dalla Provincia e potrà partire anche con un numero ridotto di aziende, una decina di cui una capofila, e che sarà riconosciuto dalla Regione come filiera. In questo modo ci sarà un’agevolazione non solo nell’accesso a bandi e finanziamenti, ma anche un supporto nell’internazionalizzazione dei mercati». Insomma, camminare da soli non ha più senso: «E’ stata sottolineata da più parti l’importanza della formazione – spiega Ceffa, che rievoca anche qualche errore fatto in passato in terra ducale – che sia Its o non Its la cosa importante è che ci sia una realtà formativa: la proposta del Polo calzaturiero in passato è morta perché non tutti i soggetti coinvolti volevano davvero che nascesse».
Purtroppo spesso è mancata la disponibilità a lavorare insieme, mi è capitato di incontrare imprenditori interessati a parlare di scuola di calzature, ma quella che serviva a lui per le esigenze di questa azienda.
PROGETTO MUSEO La necessità di andare avanti uniti è stata ribadita anche da Nicola De Cardenas di Assolombarda: «Avevamo con noi le rappresentanze dei due distretti di Vigevano e di Parabiago, sia a livello istituzionale sia a livello di rappresentanze imprenditoriali: siamo convinti che si debba reinterpretare questo territorio come un unico distretto, unendo le forze e condividendo le strategie». Per Vigevano, De Cardenas propone una valorizzazione del Museo della Calzatura, “scrigno” della storia della calzatura ducale: «Riteniamo che una qualificazione tecnologica e organizzativa del museo possa contribuire in modo importante a rafforzare il ruolo del territorio nella cultura della scarpa italiana, con importanti ricadute anche per quel che riguarda la formazione e l’innovazione. La nostra associazione ha già elaborato un progetto di fattibilità, che mostra le grandi potenzialità di questo asset, ad oggi invece ampiamente sottoutilizzato».
CRISI DI TUTTI «Serve una progettualità da presentare in Regione che coinvolta tutte le categorie – spiega Luigi Grechi, presidente di Confartigianato Lomellina – per uscire da una situazione di crisi che non riguarda solo il calzaturiero, ma anche il settore tessile e della moda. Bisogna ragionare su un settore maturo e creare delle sinergie che vadano oltre la stessa Vigevano. Occorre in sostanza fare fronte comune. La crisi è forte e va avanti da anni. Le difficoltà che stanno attraversando le aziende non sono altro che delle avvisaglie di una situazione critica che speriamo non portino a altre circostanze negative. La volontà di risollevare le sorti del calzaturiero c’è, a vedremo cosa succederà nel corso dei prossimi mesi».
LO SCIOPERO Intanto, il destino dei lavoratori della Moreschi appare sempre più fosco. In azienda, lo sciopero dei 57 dipendenti licenziati va avanti da giorni e non accenna a fermarsi, almeno fino a che non saranno almeno pagati gli stipendi di febbraio: «A oggi (mercoledì 27 marzo, ndr) l’unica novità è rappresentata dal pagamento di una frazione del Tfr dei lavoratori lasciati a casa un anno fa e che ancora lo stavano attendendo – conferma Marina Ponta, sindacalista Cgil – il presidio dei lavoratori andrà avanti, mentre noi avremo un altro incontro con la proprietà il 2 aprile». Lo stabilimento di via Cararola, che già ora appare vuoto, sarà lasciato definitivamente a settembre: i legali che assistono la Cotto srl, proprietaria dell’immobile, hanno annunciato che Moreschi ha disdettato il contratto d’affitto. La vicenda sarà ancora oggetto di controversie legali: la Cotto, infatti reclama circa un milione di euro di affitto arretrati, soldi dei quali Moreschi ritiene però di essere a credito.
Alessio Facciolo, (hanno collaborato Gds, Ev)