Com’è l’acqua che consumano e bevono i cittadini vigevanesi e pavesi?
Buona dal punto di vista della qualità in generale – afferma Roberto Marin, ingegnere idraulico specializzato sul trattamento dell’acqua – ma bisogna sicuramente fare attenzione ai nuovi inquinanti su cui bisogna intervenire
La soglia di attenzione si è alzata dopo che Greenpeace ha diffuso una mappa degli acquedotti lombardi per i quali è stato verificare la presenza o l’assenza di Pfas. Tra le città in cui sono risultati presenti c’è Vigevano, anche se Greenpeace ha precisato che «gli enti non hanno specificato quando i campioni si riferissero ad acqua di pozzo e quando a quella che esce dal rubinetto di casa», pur ritenendo che in realtà l’inquinamento sia «sottostimato se si considera che le analisi condotte finora sono parziali e non capillari».
RISCHI Gli Pfas sono composti perfluoroalchilici o acidi perfluoroacrilici, si tratta di sostanze chimiche artificiali altamente persistenti, mobili e tossiche. Per questo motivo, scrive l’istituto Mario Negri, sono «molto pericolosi» e «l’esposizione maggiore avviene attraverso ciò che mangiamo e beviamo», pur precisando che « l’acqua del rubinetto si può bere perché è controllata mediante procedure molto serrate». Ma quali sono i danni per la salute umana? L’Iarc, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, ne ha inserito una classe (Pfoa, acido perfluoroottanoico) nel gruppo 2B, quello degli agenti «probabilmente carcinogeni per l’uomo» in relazione al tumore ai reni e ai testicoli. Occorre precisare che il gruppo 2B è quello con la più bassa probabilità di correlazione, anche se a fine 2022 è stato annunciato un volume monografico dedicato ad approfondire il tema Pfas, che dovrebbe essere pubblicato tra l’autunno e l’inverno di quest’anno e potrebbe quindi portare a nuovi orientamenti. Alcuni studi del resto hanno dimostrato alterazioni a livello di fegato, tiroide, sistema immunitario e riproduttivo e non c’è un consenso scientifico consolidato sugli effetti.
IN PROVINCIA Importante è quantificare l’esposizione all’inquinante; prendendo in considerazione la realtà del territorio pavese, spiega Marin, «la percentuale dei campioni contaminati dai Pfas è inferiore rispetto ad altre province, ma in valore assoluto 78 campioni sono ancora pochi». Come ci si dovrebbe mobilitare quindi? «Andrebbe fatto un monitoraggio su larga scala verificando tutti i pozzi della Provincia dai quali Pavia Acque emunge l’acqua». In sostanza su Pfas e nuovi inquinanti sarà necessario adeguare gli acquedotti e rispettare i nuovi limiti entro il 12 gennaio 2026.
LE NORME Fino all’entrata in vigore del decreto 18 dello scorso 23 febbraio 2023 non erano previsti limiti particolari su questi composti; la nuova legge, che recepisce la direttiva Ue 2020/2184, riguarda la qualità delle acque destinate al consumo, definisce i requisiti minimi che devono avere, le attività di monitoraggio da effettuare da parte dei gestori e delle autorità e le sanzioni. «Diventa fondamentale la valutazione del rischio – spiega Marin – lungo l’intera catena di approvvigionamento dell’acqua potabile, dal bacino idrografico, all’estrazione, al trattamento, allo stoccaggio e alla distribuzione; in pratica i valori devono essere rispettati dalla fonte al rubinetto». Per ottemperare alle prescrizioni «tutti gli acquedotti dovranno fare degli investimenti e questo consentirà di adeguare gli impianti e implementare nuove tecnologie a garanzia delle acque destinate al consumo umano».
Edoardo Varese