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Vigevano ai tempi del colera

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una stampa che ritrae l'ospedale di Vigevano

“Epidemie nella Vigevano ottocentesca”. È il terzo Quaderno della Società storica vigevanese, firmato dall’avvocato Dino Rabai e incentrato sulle epidemie di tifo del 1817 e di colera del 1867. Per il momento i Quaderni hanno solo una vita virtuale sul sito Internet dell’associazione e trasmessi via posta elettronica a soci e simpatizzanti con cadenza quindicinale: in futuro si valuterà l’eventuale pubblicazione.

Era appena trascorso l’autunno del 1816, allorquando l’orizzonte, invece di farsi vedere ottenebrato da dense nubi e folte nebbie, messaggiere dell’invernal stagione, mostrossi sereno e bello ed il sole vi risplendè costantemente con dolce sorpresa di tutto il mondo; dimodoche, quanto più l’inverno si avanzava, tanto più la stagione diveniva bella ed aggradevole

COLPA DI NAPOLEONE? Così narrava il Notaio Girolamo Biffignandi (1782-1857), nelle sue Memorie istoriche della Città di Vigevano dall’anno 1796 all’anno 1820, contenute in un manoscritto pubblicato dal professor Alessandro Colombo, illustre storico vigevanese, solo nel 1911 su “Viglevanum”, predecessore dell’attuale periodico omonimo, edito ogni anno dalla Società storica vigevanese. Il libro continua descrivendo una condizione di costante siccità, dovuta all’innaturale clima mite anche al principio del 1817, che secondo alcuni sarebbe stato la causa del morbo. Secondo altri invece sarebbe stato portato in Italia dalle armate austro-russe dopo la sconfitta di Napoleone a Waterloo, due anni prima. «Un contagio, dai fisici chiamato morbo petecchiale – riporta Rabai – in questo frattempo si sviluppò nell’infelice nostra città e talmente si radicò nelle famiglie che le mise in uno spavento il più orribile». Il morbo petecchiale cessò verso la fine di ottobre e venne chiuso lo spedale di San Carlo, che fu in seguito adibito allo stesso uso cinquanta anni dopo, per il colera nel 1867.

Waterloo
Waterloo

IL COLERA In quell’occasione la Giunta, presieduta dall’avvocato Pier Luigi Bretti, già da tempo in allarme, aveva predisposto un piano di emergenza ben coordinato dal «…vigile e sollecito Capo della Civica Rappresentanza che, nel costante suo interessamento pel bene del Paese, con quella prontezza che non è ultima delle sue doti, non indugiava punto di chiamare intorno a se i Colleghi e la Commissione di Sanità, onde arrivare in prima di tutto ad ogni mezzo preventivo dall’arte e dall’esperienza suggerito…

Se non che il morbo, se trovò per quei provvedimenti di molto scemata l’esca alla sua fatale invasione, non tardava però a colpire anche fra noi le prime sue vittime, per cui si ebbe cura anzitutto di arrivare ad un attivo servizio sanitario a domicilio, mercé cui fosse pronta la visita e la constatazione medica, e pure pronti ed immediati i mezzi di cura, d’isolamento e di disinfettazione

«Il Corpo Sanitario, sia costituito in qualche carica pubblica sia libero esercente, tutto volonteroso accorse alla sua santa missione, e veri sacerdoti dell’umanità sofferente, non li arrestò il disagio grandissimo e la fatica, ché il pericolo e la luridezza del morbo specialmente nei miseri casolari era per loro di sprone alla generosa opera». Il Rapporto della Giunta al Consiglio comunale, reso in data 3 dicembre 1867, dopo la scomparsa dell’epidemia, si conclude con il quadro statistico numerico dei casi di colera verificatisi nel 1867 in Vigevano dal 3 luglio al 18 settembre: colpiti 227, di cui guariti 112 e morti 115, tra i quali l’infermiere Luigi Quaglia, deceduto il 6 agosto, e l’assistente di cucina Oliva Teresa Vajante, deceduta il 20 agosto. Per questi ultimi, il Consiglio comunale, nella seduta del 6 dicembre,

unanime sulla proposta del Consigliere Ing. Colli Cantone, esprimendo il suo rammarico per la morte delli Quaglia Luigi fu Antonio e Vajante Oliva Teresa fu Giuseppe Infermieri nel Lazzaretto, deceduti in quest’istesso luogo per colera, e mentre tanto esemplarmente adempivano al loro pietoso ufficio, decreta che la loro memoria sia segnata nel Campo Santo quale ben tenue ma sincero pubblico ricordo di quelle due coraggiose vittime della carità

Per il soccorso alle famiglie colpite la Giunta raccolse e distribuì 2691,50 lire, di cui 2041,50 provenienti dalle offerte private ed il resto dalla Provincia e dal Governo; nella stessa seduta furono deliberati compensi straordinari anche per i medici e gli infermieri.

Davide Zardo

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