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Mons. Gervasoni: pensiero di Pasqua

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VIG DV vescovo Gervasoni - celebrazione
Il Vescovo Maurizio Gervasoni

“Anno bisesto, anno funesto”. Così dicevano dalle mie parti le persone anziane… Sembra proprio che questo detto, più o meno sapienziale, quest’anno, sia quanto mai tragicamente appropriato. Quel microscopico virus coronato ci sta mettendo in ginocchio e ci costringe a vivere una Pasqua che mai avremmo immaginato.

La Quaresima è stata tutta un lento cammino nel deserto della prova, del dolore e dello sconcerto. Abbiamo proprio passato di tutto. Dalla stoltezza supponente degli inizi, quando si banalizzava l’influenza, alle prime preoccupazioni per la tenuta dei servizi sanitari, al dramma dei primi morti in casa, alla tragedia di non riuscire neppure più a gestire i funerali… a cascata sono arrivate le restrizioni governative: tutti in casa, tutto fermo. Le relazioni trovano immagine eloquente nelle vie e nelle piazze deserte… Le nostre comunità si sono trovate subito nella necessità di capire come vivere le liturgie della Pasqua.

Due domande sono sorte nel cuore. La prima è: ma sono proprio necessarie? Molte persone, che in chiesa ci vanno poco o non ci vanno affatto, avevano già la risposta: non sono necessarie, ma, magari, sono belle perché fanno parte delle nostre tradizioni. Oppure sono eredità del passato che fatica a morire… Altre persone più legate al cammino di fede, invece, hanno temuto che, mancando queste liturgie, si perdesse anche il legame con il Signore

In tutti, però, è penetrata una consapevolezza nuova sul valore della fede e della preghiera. Tutti si sono accorti che molte preoccupazioni e molti desideri che animavano la nostra mente, ora non hanno più alcun significato. Davanti all’imprevedibile destino e all’impotenza dell’azione, l’uomo, ciascuno di noi, ha capito che ciò che i riti danno, rinvia a qualcosa che ci è profondamente necessario. Questo necessario, che la fede e il linguaggio religioso esprimono, ci è entrato nelle ossa, magari come rabbia, magari co-me desiderio, magari come ansia. Improvvisamente, tra la depressione e la distrazione si intrufola nel nostro cuore il bisogno profondo del rito che ci unisce agli altri e ci dà una scia di senso e una speranza. Abbiamo intrapreso il cammino sulle vie che portano nelle profondità del nostro spirito… questa strana Quaresima, seguendo Gesù che va verso la croce, ci ha dischiuso drammaticamente scenari nuovi e più veraci. La seconda domanda, invece, è che cosa significa vivere a pieno la liturgia? Alcuni hanno forse la sensazione che la messa alla televisione e ora le funzioni sull’i-pad sono anche meglio. Basta che non siano noiose… Queste sensazioni erano riservate agli anziani chiusi in casa e ai malati. Da oggi ci riguardano direttamente.

Il rischio è che il nuovo linguaggio faccia però perdere l’incontro con il Signore

Invero occorre accogliere l’invito di Gesù che convoca la sua comunità e che la costituisce come Chiesa nel fare memoria di Lui. Non è uno spettacolo, ma è un andare con gli altri incontro al Signore che viene. Vivere in casa un rito ci serve per partecipare con tutto noi stessi a quello che nella chiesa i preti celebrano liturgicamente per tutti. Noi non guardiamo un rito e non ascoltiamo una predica o una lettura, ma facciamo un rito con il quale ci mettiamo in cammino verso Gesù, apriamo il nostro cuore e ci guardiamo negli occhi l’un l’altro e viviamo nel ringraziamento l’incontro con il Signore. Mai avrei pensato di suggerire queste cose in tempi normali. Adesso mi sembrano quasi ovvie e importanti. Le affido a voi perché questa Pasqua sia di risurrezione. Una piccola, ma bella osservazione.

So di un ragazzo di Bergamo che ha scritto un racconto, per commemorare la morte di suo nonno, ucciso dal coronavirus. Quel nonno lo aveva portato in vigna per potare la vite. Lo fece con il piglio del maestro che insegna l’arte. Occorre riconosce-re gli occhi della vite e lì potare nel modo giusto. Quando si taglia, la vite piange. Bisogna la-sciarla piangere. Solo così porterà frutto. Quel ragazzo ha raccontato questo breve episodio riconoscendo che il nonno non aveva potato solo la vi-te, ma anche il suo cuore e con le lacrime agli occhi aveva capito che questa sciagurata epidemia, piena di lacrime, poteva diventare un’apocalisse vera, ossia una rivelazione di salvezza. Le lacrime della passione ora sgorgano dai nostri occhi e li purificano, perché possiamo riconoscere il Risorto, che ci apre a nuova vita

Buona Pasqua

+ Maurizio

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